Domenica 22 Dicembre 2024

L'arcivescovo di Aleppo: «Vogliono svuotare il MO dai cristiani»

PALERMO. «C’è un complotto per svuotare il Medio Oriente dai cristiani, perché l’unica voce che sale e arriva all’Occidente sono i lamenti dei cristiani. Senza la presenza dei cristiani i piani di ristrutturazione del Medio Oriente saranno difficili». Monsignor Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo in Siria ha dovuto affrontare un viaggio di sette ore in auto dalla sua città a Beirut, sotto il mirino dei cecchini, per prendere un aereo e rispondere all’invito di monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale. I due presuli stanno lavorando a un gemellaggio tra le due culle del cristianesimo e della presenza araba e bizantina sui versanti opposti del Mediterraneo. Oggi monsignor Jeanbart celebrerà alle 11 la divina liturgia in rito bizantino-slavo nel duomo di Monreale, animata dal coro dell’associazione Russia cristiana, e alle 16,30 parteciperà alla tavola rotonda sulla «Libertà religiosa, via per la pace» assieme al rabbino capo del centro sefardico siciliano, Stefano Di Mauro Itzaak Ben Avraham, e l’imam della grande moschea di Roma, Sami Salem. Ieri, monsignor Jeanbart ha incontrato i giornalisti e i sacerdoti della diocesi di Monreale e ha risposto a numerose domande sulle condizioni della Siria e sulle prospettive di pace in Medio Oriente. Come si viveva in Siria prima dello scoppio della guerra civile? «La Siria è sempre stata un mosaico di riti e di religioni, una quindicina circa che convivevano pacificamente. Fino a che non è arrivata la rivoluzione o quella che viene chiamata la Primavera araba, che ha fatto un danno enorme, ha distrutto un Paese che cominciava ad evolversi, che si dirigeva lentamente verso la democrazia. In Siria non c’erano miserabili, né persone affamate. L’insegnamento era gratuito, così come la sanità, era facile potere avere una casa con la sovvenzione dello Stato. Ad Aleppo, per esempio, c’era l’università statale con 150 mila studenti, mentre un milione e mezzo di ragazzi di ogni età frequentava le scuole pubbliche. Circa 15 mila studenti universitari provenienti dalle campagne, dalle zone meno centrali, vivevano nella cittadella universitaria con appena un euro al mese e, grazie a questa istruzione, sono riusciti a ricoprire anche posti importanti della società. Poi sono arrivati altri interessi geopolitici, economici, finanziari, il fanatismo religioso, aiutati dai Paesi meno democratici con l’obiettivo di dominare tutta la zona, ed è finito tutto». L'INTERVISTA INTEGRALE NELLE PAGINE DEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA

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