Dalle speranze della nuova frontiera kennediana, ai timori dell’ultima frontiera di Renzi. Il venir meno dell’esempio di impegno civile di Giorgio Napolitano rilancia l’urgenza per il Paese di una ulteriore spinta ideale. Una svolta di metodo e di prospettiva per individuare un nuovo indiscusso garante della Costituzione, in grado di assicurare una corretta transizione politica e riformatrice.
E questa volta la solita, ironica, citazione di Ennio Flaiano sulla «situazione politica italiana grave, ma non seria» non rende affatto quanto al limite del collasso politico sia l’avvitamento parlamentare e lo stallo degli scrutini a vuoto. Per il sistema Italia c’é davvero il rischio di una implosione, modello Grecia, con conseguenze inimmaginabili, sia istituzionalmente quanto economicamente. «Napolitano ha incrociato la fine di due Repubbliche, la Prima che esalava gli ultimi respiri e la Seconda che moriva praticamente in culla» sostiene l’editorialista, ex direttore dell’Unità e più volte parlamentare Peppino Caldarola, per spiegare l’ingorgo di correnti e rese dei conti nelle quale si dibatte il Parlamento.
Come reagirebbero i cittadini all’incapacità di eleggere in tempi ragionevoli un nuovo Presidente della Repubblica ?
«In un paese impoverito, la caduta della fiducia sarebbe devastante. La crisi avvelena la vita dei cittadini che non sopportano più il susseguirsi degli scandali, la corruzione e l’incapacità di governare il Paese, di offrire prospettive ai giovani, di liberarlo dalla disoccupazione e dalla recessione».
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