CATANIA. «La cifra spesa ogni anno in Sicilia per i centri migranti può non essere eccessiva, in valore assoluto. Un pasto, però, può costare 5 o 15 euro e altrettanto si può dire per gli altri servizi. In questa differenza si annida una zona grigia». Nello Musumeci, presidente della Commissione regionale antimafia, sottolinea che «almeno stavolta la politica non ha aspettato notizie giudiziarie per muoversi sul business dell’immigrato» e spiega: «Adesso abbiamo aperto un’indagine su tutta la rete dell’accoglienza, da Trapani a Pozzallo. Ma già in gennaio, quando ancora non si parlava dell’inchiesta romana ”Mafia Capitale”, avevamo avviato un’indagine conoscitiva sul ”Cara” di Mineo. E da questa sono emersi elementi che, a mio avviso, meritano un esame attento da parte della magistratura». Un affare ”in odore di mafia”? «Non abbiamo riscontrato fatti che indichino il coinvolgimento della criminalità organizzata. La nostra Commissione, d’altronde, non si occupa solo di criminalità organizzata ma anche di amministrazioni locali e appalti. Lo prevede la legge istitutiva. Il Cara calatino ci interessava proprio perchè gestito da un Consorzio di Comuni». Relazione già trasmessa alla Procura di Caltagirone, che ha competenza territoriale sul «Villaggio della Solidarietà» di contrada Cucinella ? «Lo faremo entro due o tre mesi, a conclusione della nostra fase istruttoria. A noi, ad esempio, interessa sentire i sindaci dei cinque Comuni (Palagonia, Militello, Mazzarrone, Scordia e Grammichele, ndr) che, anche in modo polemico, non hanno voluto aderire al ”Consorzio Calatino Terra di Accoglienza”, infatti costituito soltanto da nove enti locali sui quattordici di quel territorio». Mineo è il Comune capofila del Consorzio. Avete avuto modo di ascoltare il sindaco Anna Aloisi? «In febbraio, all’unanimità, avevamo deciso di convocarla per uno scambio di idee e, soprattutto, per sapere quali iniziative il Consorzio, da lei presieduto, stesse promuovendo per garantire la trasparenza degli appalti. Un quarto d’ora prima dell’audizione, però, il sindaco ha comunicato per fax che non poteva partecipare!». Quindi? «Da quel momento, è cominciato il nostro lavoro silenzioso di acquisizione di materiale. Non soltanto sul Villaggio di Mineo, ma anche sulle altre strutture: Cara, Centri identificazione ed espulsione, Sprar (il Sistema di protezione rifugiati, ndr)». Per ogni migrante, cooperative e altre imprese appaltatrici percepiscono da 30 a 35 euro al giorno. In questo momento, gli ospiti di Cara e ”affini” in Sicilia sono oltre 14 mila... «Il problema non consiste solo nella qualità e quantità dei servizi, ma anche nel periodo di permanenza di questi immigrati. Dovrebbero restare in Sicilia un paio di mesi, invece vanno via anche dopo un anno e oltre. Questo succede perchè, nonostante le rassicurazioni più volte giunte da Roma, le commissioni incaricate di conferire lo status di rifugiato sono del tutto limitate nel numero». Dopo polemiche e violenti proteste, però, i gruppi di valutazione a Mineo sono aumentati. Sempre insufficienti? «È stata nominata una sottocommissione. Ne servirebbero almeno tre, se vogliamo davvero che gli immigrati vadano via nei tempi previsti. Cioè, al massimo entro quattro mesi. Anche in considerazione di ciò, doveroso aprire un’indagine su quel Cara nel quale, comunque, lavorano circa 400 persone. Che vanno assolutamente salvaguardate. Noi, comunque, siamo pure preoccupati da altri fenomeni». Cioè? «Mi riferisco, innanzitutto, allo sfruttamento dei migranti. Da qualche settimana, ad esempio, davanti al Cara di Mineo stazionano pattuglie di extracomunitari che vengono reclutati e portati sui campi. In cambio, ricevono una decina di euro. E questo, tra l’altro, crea una guerra tra poveri». Intramontabile «caporalato»? «Credevamo che fosse ormai confinato al Trapanese, alla zona di Mazara in particolare, e nell’area ragusana di Vittoria. Invece, no. La differenza è che, in altre parti dell’Isola, il caporalato costringe i migranti a dormire in pagliai, stalle e case abbandonate di campagna. I lavoratori sfruttati del Cara, invece, la sera rientrano in quelle strutture. Ma c’è altro». Dica. «Chi esclude che questi immigrati non vengano utilizzati anche per il trasporto di droga o per il racket della prostituzione? La cosa che mi tormenta di più, però, è pensare alla sorte dei milletrecento minori scomparsi nell’ultimo anno, sbarcati in Sicilia e dopo pochi giorni fuggiti dai Centri di prima accoglienza».