Renzi vince anche quando perde. In questa semplice affermazione è racchiuso il significato delle elezioni regionali di domenica scorsa secondo l'analisi di Roberto D'Alimonte, direttore del Cise (Centro Italiani Studi Elettorali). Da una settimana i risultati sono esaminati al microscopio e la maxi-diserzione al voto in Emilia-Romagna viene considerata (dagli avversari interni) una sconfitta personale del premier. Senza però alzare lo sguardo, avverte D'Alimonte. Perché se è vero che il Pd è andato indietro gli altri si sono schiantati: il centro-destra al minimo storico e grilini sono spariti. Solo la Lega può cantare vittoria.
Professore questo vuol dire che le polemiche interne al Pd da parte della minoranza sono semplicemente strumentali?
«Il Pd ha conquistato la Calabria e ha confermato la sua presenza in Emilia Romagna. Difficile considerare questo risultato una sconfitta. O da solo o con i suoi alleati, il Pd di Renzi governa in 15 regioni su 18 (non tenendo conto del Trentino-Aldo Adige e della Valle d'Aosta)».
Ha vinto certo, ma ha perso molti elettori sia rispetto alle regionali del 2010 si alle europee del maggio scorso. Per Renzi è il primo inciampo da quando è a Palazzo Chigi, non trova?
«Non la penso così. Per governare servono le percentuali e non i valori assoluti. Messa così la realtà è molto più semplice: oggi il partito di Renzi si ritrova con un presidente in Emilia-Romagna che ha dalla sua 31 consiglieri su 50 (di cui 29 del Pd). E un altro in Calabria che può contare su una maggioranza simile. La vittoria del Pd però va al di là di queste cifre».
In che senso?
«Queste elezioni confermano, e anzi accentuano, quello che avevamo già visto alle europee: il Pd di Renzi non ha rivali. Nemmeno quando perde tantissimi voti».
Ci fa capire?
«Basta guardare i numeri. È sparito il polo di centrodestra e sta sparendo anche il terzo polo, quello di Grillo. In Calabria il M5s praticamente non esiste più. Dopo il crollo alle comunali di Reggio Calabria in queste elezioni regionali il suo candidato ha preso meno del 5%».
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