Sempre più instabile il futuro dei ventimila precari impiegati negli enti locali siciliani. La legge che proroga i loro incarichi sarà prorogata. Un gioco di parole per far capire quanto siano ballerini certi equilibri occupazionali. Norme precarie per il precariato siciliano. Come uscirne?
L’anno scorso Giampiero D’Alia, ministro della Funzione pubblica, nel governo Letta aveva disegnato un percorso che, lentamente, avrebbe portato a tamponare questa gigantesca sacca di disoccupazione mascherata. Niente macelleria sociale ma neanche regali. La legge dava il via libera alla stabilizzazione a condizione che i Comuni avessero avviato il cammino del risanamento e avessero la forza finanziaria per sostenere la spesa. A rendere credibile il cammino c’era stata una bella dote finanziaria. L’iniziativa di D’Alia era stata accompagnata dalla consueta protesta dei sindacati che giudicavano intollerabili i vincoli. Avrebbero preferito una sanatoria senza limiti e condizioni. Una bella infornata di nuove assunzioni in barba a tutte le regole della buona amministrazione.
L’anno, però, è passato e non è successo assolutamente nulla. Sindaci, presidenti e assessori si sono ben guardati dal rispettare i paletti posti dalla legge D’Alia. Così è stato necessario varare a tutta velocità un provvedimento di proroga degli attuali incarichi. Altrimenti i ventimila precari andavano a casa. Nel frattempo, però, la dotazione finanziaria è calata e quindi gli stipendi sono in arrivo come e quando possono. Una conferma di quella che sta diventando una regola, almeno in Sicilia. Il posto nella Pubblica amministrazione è fisso. Lo stipendio, invece è ballerino. Viene pagato come e quando è possibile.
Ora è cominciata la corsa contro il tempo per trovare una soluzione. Toppe e rattoppi pur di andare avanti. Nessuno che si sia davvero posto il problema centrale e cioè il comportamento dei Comuni e degli altri enti locali. Il gioco delle statue di sale. Sprechi e finanza allegra restano la cifra dominante nelle amministrazioni pubbliche della Sicilia. I precari restano precari e i contribuenti sono quelli che pagano. Tutto come al solito.
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