Chi sta alla testa di un corteo non dovrebbe mai perdere la propria. Una riflessione amara dopo l'invettiva di Maurizio Landini nei confronti del presidente del consiglio che "non ha il consenso delle persone oneste e di chi lavora". Affermazioni molto pesanti che hanno imposto una immediata marcia indietro. Solo che, come si dice spesso in questi casi, la toppa è stata peggiore del buco.
La rettifica è stata sbagliata nei toni e oscura nei contenuti. Come sempre la colpa viene attribuita ai giornalisti che non avevano capito. Peccato che il segretario della Fiom avesse parlato davanti alle telecamere. Il cronista si era limitato a fare la domanda. Il resto era tutta farina del sindacalista.
Insomma il solito vizio di politici e sindacalisti che prima parlano e poi, in base alle reazioni aggiustano il tiro.
Una cattiva abitudine che non ci stancheremo mai di condannare. In questo caso è richiesta un supplemento di prudenza visto il clima di violenza che serpeggia nel Paese. Il sindacato anzichè pompiere ha deciso di essere piromane. Addirittura un mese fa lo stesso Landini era arrivato a immaginare l'occupazione delle fabbriche come estrema espressione di protesta. Una forma di lotta che i sindacati utilizzarono largamente nel famoso biennio rosso 1919-1920 e servì solo a spianare la strada al fascismo.
Un precedente che dovrebbe far riflettere non diversamente dalle accuse di ieri: considerare gli elettori del Pd una banda di disonesti appare di una gravità senza pari. Stiamo superando i limiti perché il confronto democratico può anche essere duro ma non deve trascolorare nell'ingiuria. Basta poco per accendere la violenza. Mai come in questo momento servono prudenza e nervi d'acciaio. Soprattutto per quanti stanno alla testa dei cortei.
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