«L’ulteriore indebolimento dell'articolo 18 non serve all'occupazione ma può imprimere un'accelerazione all'efficienza delle aziende riducendo il numero dei cosiddetti lavativi». È questo il giudizio del sociologo Luca Ricolfi, editorialista de la Stampa dinanzi agli ultimi sviluppi sulla legge che riforma il mercato del lavoro. Un giudizio critico che si allarga a molte delle iniziative di Matteo Renzi ("un parolaio bianco, così come Bertinotti era un parolaio rosso"). Giudizio critico anche sullo stesso Pd che dopo aver fondato sulla dialettica una buona parte della sua forza di persuasione subisce la nemesi di un leader che ha una capacita' di dominio della chiacchiera che non ha eguali. Parolaio bianco come definizione di Renzi: da che cosa nasce un giudizio tanto severo? «Mi domando se Renzi legga i documenti ufficiali del suo governo. A me vien da pensare di no, o che li consideri solo noiose scartoffie buone per tranquillizzare i burocrati europei. Altrimenti non farebbe le dichiarazioni che continua a fare in totale contrasto con quello che il suo ministro dell'economia scrive nella "Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014"». Per esempio? «Renzi dichiara che nel 2015 i tagli alla spesa pubblica non saranno di 17 bensì di 20 miliardi; nelle scartoffie, invece, la spesa pubblica diminuisce di appena 4 miliardi. Renzi annuncia una rivoluzione nel mercato del lavoro, per dare una speranza ai disoccupati e agli esclusi, ma nella "Nota di aggiornamento" si prevede che l'anno prossimo l'occupazione aumenterà di appena 20 mila unità, a fronte di più di 3 milioni di disoccupati. Renzi ci promette che fra 1000 giorni l'Italia sarà completamente cambiata grazie all'impatto delle sue riforme, ma nella "Nota di aggiornamento" del suo ministro dell'Economia si prevede che nel 2018, a fine legislatura, sempre che la congiuntura internazionale vada bene e che le famigerate riforme vengano fatte, il tasso di disoccupazione sarà dell'11.2%, anziché del 12.6% come oggi: in parole povere 2-300 mila disoccupati in meno (su 3 milioni), a fronte di 1 milione e mezzo di posti di lavoro persi durante la crisi. Se fossi un imprenditore sarei preoccupato, ma se fossi un sindacalista sarei imbufalito. Come si fa ad accettare che in un'intera legislatura il numero di disoccupati resti sostanzialmente invariato?».