Silvio Berlusconi e Forza Italia rischiano di finire stritolati nella morsa dei due Matteo: Renzi a sinistra e Salvini a destra. A un anno esatto dall'uscita dell'ex Cavaliere dal Senato il suo partito e la sua stessa proposta politica paiono arrivati al capolinea. Il patto del Nazareno, che aveva segnato la resurrezione dell'ex premier, scricchiola e all'interno del partito i mal di pancia si moltiplicano. Per quale ragione accade tutto questo e, soprattutto, verso quali traguardi può portare il rimescolamento delle carte? Ne parliamo con Giovanni Orsina, docente della Luiss, politologo autore due anni fa di una fondamentale storia del berlusconismo ("Da Forza Italia alla Terza Repubblica"). Professore di colpo il quadro politico si è rimesso in movimento. Il patto del Nazareno che sembrava la vera colonna del governo Renzi si è incrinato. Che cosa accade? «Cominciamo col dire che nel dialogo fra Renzi e Berlusconi a guadagnarci è il primo. Il secondo può compiacersi del superamento dell'antiberlusconismo e del fatto che il governo stia perseguendo obiettivi berlusconiani. Ma è un compiacimento, per così dire, filosofico. In termini politici Renzi per Berlusconi rappresenta senza alcun dubbio l'avversario più pericoloso». Vuol dire che non casualmente questa politica è arrivata al capolinea? «Berlusconi si è messo a rimorchio. Forza Italia ha lasciato l'iniziativa al governo e non avanza condizioni, limitandosi a oscillare disordinatamente fra la ripetizione meccanica della promessa di rispettare gli accordi e la tentazione di far saltare il tavolo. Così che, se le riforme si faranno, sarà merito di Renzi. E se invece il meccanismo si incepperà, sarà colpa di Berlusconi». Ed è esattamente quello che sta succedendo? «Può ben darsi che Berlusconi in origine abbia deciso di partecipare alla trattativa sulle riforme anche, se non soprattutto, con l'idea che questo potesse rafforzarlo nella partita giudiziaria. Inseguendo questa chimera, però, ha smesso da mesi di far politica. Da qui il nervosismo dei vertici di Forza Italia. E da qui la fuga degli elettori. Si dirà che gli italiani non osservano la politica con così tanta attenzione, che non sono così razionali, che per loro conta solo se Berlusconi è in campo oppure no. Con ogni probabilità, questa è una convinzione erronea. Seppure in maniera istintiva, magari, gli elettori vedono benissimo chi fa politica e chi no, chi la fa bene e chi la fa male. E nelle urne si comportano di conseguenza». L’INTERVISTA INTEGRALE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA