«Quindici anni di declino non si invertono in dodici mesi. Che nel 2015 possa tornare il segno più, sia pur di poco, è un fatto positivo ma bisogna stare attenti al disavanzo. Il rischio è che questo aumenti».
Ordinario di Economia Politica all’Università di Torino, un passato nel Dipartimento di Ricerca del Fondo Monetario Internazionale e alla «Bocconi» di Milano, Pietro Garibaldi commenta i dati Istat sull’impatto della legge di Stabilità nei conti dell’Italia senza lasciare spazi all'euforia. La situazione, d’altronde, non lo consente.
Stime di crescita dello 0,5 per cento nel 2015 e dell'1 per cento nel 2016. Basterà a far uscire il Paese almeno dall'attuale fase di stagnazione?
«È certo, intanto, che per il terzo anno consecutivo chiuderemo in negativo. Se dovesse tornare il segno positivo, ciò tecnicamente significherebbe che non siamo più in recessione. Le previsioni per il 2015 danno un aumento del Pil tra lo 0.5 e l’1. In parte ciò è dovuto al fatto che dopo tre anni il ciclo economico tende a invertirsi, in parte è un effetto della manovra del Governo. Anche la Banca d’Italia, non solo l’Istat, ritiene che questa legge di Stabilità possa avere un impatto leggermente positivo».
Troppo timido il previsto taglio di imposte alle imprese?
«Ricordiamoci che l’Italia ha il debito pubblico al 130 per cento. E il taglio di imposte significa aumento del disavanzo che, poi, bisogna finanziare con altro debito pubblico. Insomma, necessario sempre stare molto cauti».
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