«Nel Pd, il peso del partito è molto alto. Senza Renzi tornerebbe indietro, ma non troppo. Magari per attestarsi alla sconfitta vittoriosa di Walter Veltroni, che raccolse pur sempre il 34 per cento. Il Pd è aumentato con Matteo Renzi, ma non è Renzi». Nicola Piepoli, storico e notissimo sondaggista, amministratore delegato dell’Istituto di ricerche che porta il suo nome, conferma il momento magico del Partito Democratico — «al 41 per cento, nel nostro ultimo rilevamento» — ma subito sottolinea la mancanza di avversari in grado di reggere la competizione: «Il problema dell’Italia, in questo momento, è che il centrodestra non ha leadership. Se vi fossero due vere forze in campo, tutto tenderebbe a risolversi. Come in una vera democrazia».
Il centrosinistra, intanto, esulta per la vittoria alle Comunali di Reggio Calabria. Che rilievo dare, in ambito nazionale, a questo test elettorale?
«Molto relativo, perchè la Calabria non è mai stata lo specchio dell’Italia. Destra e sinistra si sono alternati in modo anomalo. Da quella regione, quindi, mi attendo tutto e il contrario di tutto. In ogni caso, adesso è in mano al Pd: si sta normalizzando. Magari scalcia, ma si normalizza».
Malgrado abbia il vento in poppa, nel Pd si torna a parlare di scissione. Pippo Civati e Stefano Fassina sembrano i più determinati. Quanto potrebbe pesare la loro uscita?
«Se non vedo la scissione nel Pd, non ci credo. Sono come San Tommaso. Un’ipotesi del genere nella grande casa della sinistra è considerata una bestemmia. Non per niente, il loro giornale s’è chiamato L’Unità. La tendenza verso l’aggregazione è infinitamente superiore alla spinta disgregatrice. Basti pensare a D’Alema...».
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