Venerdì 22 Novembre 2024

Cisnetto: «Dal petrolio fondi per i miliziani, si facciano saltare in aria anche i pozzi»

Anche se asimmetrico e frammentato, l’attacco che i terroristi del Califfato stanno sferrando su più fronti, dai sobborghi di Bagdad al confine con la Turchia, fa temere effetti dirompenti per l’Europa. «Dall’Iraq al Medio Oriente l’onda nera del terrorismo islamico si sta ramificando anche in Libia e minaccia direttamente l’Italia» evidenzia Enrico Cisnetto, editorialista del Messaggero nonché fondatore-conduttore di un network televisivo di dibattiti. Dietro l’incombenza delle lugubri bandiere nere delle decapitazioni e delle stragi si nasconde tuttavia una realtà molto più allarmante, riguardante la fonte energetica per eccellenza: il petrolio. I pozzi che arricchiscono sceicchi e tagliagole dell’Isis e il greggio che condiziona gli assetti economici e strategici internazionali. Con cause ed effetti che rischiano di isolare l’Europa e abbandonarla all’assedio integralista. Ad allarmare il vecchio continente è soprattutto il «disingaggio» di Washington, il ruolo distaccato degli Stati Uniti che fino adesso hanno privilegiato i raid aerei a interventi sul campo. C’entra il petrolio col cambio di strategia Usa rispetto a Medio Oriente e Iraq ? «Attraverso il gas di scisto gli Usa tra poco diventeranno il primo produttore di greggio al mondo, superando anche l’Arabia Saudita. Questa rinnovata indipendenza energetica influisce però solo parzialmente sulla politica estera della Casa Bianca. Con Barack Obama è cambiato il profilo della superpotenza: da “America First” ad “America Alone”. Con conseguenze pesanti – purtroppo negative – sul mondo intero e che hanno relegato gli Usa in una posizione difensiva, confermata dalla drastica diminuzione delle spese militari, e dall’ipotizzata riduzione da 11 a 6 delle task force della Navy». È possibile intercettare e bloccare i canali finanziari attraverso i quali il terrorismo islamico vende il petrolio dei giacimenti occupati? «In molti sostengono che a finanziare le basi di Al Qaeda ci sia il Qatar. Un paio di mesi fa uno sceicco di quel paese è divenuto forte azionista di Deutsche Bank. Ecco, in quella zona ricca di petrolio e denaro, la situazione è intricata e spesso si scende a compromessi pur di essere presenti e sembra che gli Usa, pur di trovare alleati, stiano stringendo patti con i fratelli musulmani piuttosto che con i sunniti tradizionali. Lo stesso accade per il petrolio estratto dall’Isis. Quanto se ne estrae? Chi lo compra? Se è impossibile bloccare i canali finanziari, perché non vengono fatti saltare i pozzi, come si fece con Saddam? Io credo che le ramificazioni siano molto contorte e fitte e che, comunque, senza un’alleanza internazionale pressoché unanime, ci sarà sempre qualcuno disponibile ad avere contatti finanziari con queste persone, a cui di certo i quattrini non mancano». L'INTERVISTA INTEGRALE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA

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