Tra minacce dell’Isis e allarme-ebola, l'Occidente sente forte l’odore della paura. In cura negli Stati Uniti, in Texas, il primo paziente colpito dal terribile virus che sta facendo strage in Africa. E il Palazzo di Vetro sembra essersi svegliato, lanciando il programma di aiuti UNMEER: «La prima missione di emergenza per ragioni sanitarie nei 69 anni di vita dell'Onu», sottolinea Anna Guaita, corrispondente del «Messaggero» dagli Stati Uniti.
Le Nazioni Unite hanno definito l'ebola «una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale». Meglio tardi che mai?
«Lo scorso 18 settembre il Consiglio di Sicurezza ha votato all'unanimità per riconoscere che l'ebola è una minaccia. Lo sapevamo anche prima, ma questa ammissione del massimo organo mondiale è servita a scuotere le coscienze e i governi, e il mondo ha finalmente cominciato a mobilitarsi. Mentre stanno muovendosi gli Stati Uniti, perché i primi 200 dei 3 mila soldati, genieri e medici promessi da Obama sono appena arrivati in Liberia (lo Stato da cui proveniva l’uomo ora in cura nel Texas, ndr), sta prendendo forma anche la missione UNMEER-United Nations Mission for Ebola Emergency Response. Non c'è dubbio che la situazione peggiorerà prima di cominciare a migliorare. Ma la sensazione che tutti hanno qui, al Palazzo di Vetro, è che finalmente si stiano compiendo i passi necessari perché il virus venga fermato».
Intanto, bisogna fare i conti con l'emergenza-Isis. L'esercito del Califfato sta assediando Kobane, l'ultima città siriana prima del confine turco. Il governo di Ankara ha lungamente tollerato le milizie terroristiche, consentendo il passaggio di migliaia di «combattenti stranieri». E adesso?
«Proprio l'avvicinarsi dei miliziani del Califfato ai loro confini ha fatto cambiare posizione al presidente Erdogan. Erdogan ha dichiarato che il suo Paese combatterà sia contro Isis che contro altri terroristi. Il presidente Obama ora ha modo di usare le basi Nato in Turchia, e questo rende le missioni contro i bersagli Isis in Siria e Iraq ben più veloci e sicure. Comunque la titubanza di Erdogan era almeno in parte dovuta alla preoccupazione di correre in soccorso di una regione della Siria nord-orientale popolata di curdi. E la Turchia ha un rapporto molto complicato con questa minoranza, presente nel Paese, che dall'inizio del Novecento chiede il diritto all'autodeterminazione».
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