Non solo separati in casa, ma soprattutto appartenenti a epoche diverse. Eredi di una storica concorrenza-convivenza ideologica ormai esaurita, esausta, Renzi e la minoranza Pd si muovono da estranei nello stesso ambito politico, ma agiscono su piani non comunicanti. Il premier punta a connettere l'Italia con l'innovazione e lo sviluppo globali, ma é perfettamente consapevole delle molte negatività di un Paese burocratico, parassitario, che non riesce sfruttare gli incommensurabili tesori artistici e culturali nei quali é letteralmente immerso.
Dalemiani, bersaniani ed esponenti post marxisti sviluppano invece acute analisi socio-economiche, destinate tuttavia a risolvere problematiche che gli anni luce di accelerazione della rete e della globalizzazione hanno reso inesorabilmente superate. «La minoranza del Pd non è uscita bene dalla discussione sull'articolo 18. È uscita sconfitta in modo scomposto» ricostruisce Stefano Folli, editorialista del Sole24Ore e già Direttore del Corriere della Sera.
Secondo l'analisi di Folli «Con la Troika europea dietro l'angolo non ci sono dubbi che il presidente del Consiglio andrà avanti con determinazione sulle riforme, a cominciare da quella del lavoro, e non possa cedere al sindacato. Sul palcoscenico italiano la sua parte è quella dell'innovatore che si batte contro i conservatori e vince con l'appoggio dell'opinione pubblica».
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