«Ma per favore non chiamatemi gufo». Comincia così, fra l'ironia e il sarcasmo la chiacchierata con Luca Ricolfi, professore all'Università di Torino ed editorialista de La Stampa. Nei confronti del governo Renzi non è mai stato tenero perché considera «l'annuncite» la malattia terminale di una politica ammalata di parole. In questa intervista, però, si dimostra, per una volta, un po’ meno appuntito delle precedenti.
Professore, non le piace essere chiamato gufo: ha qualche nomignolo di suggerirci?
«Cassandra. La principessa troiana non auspicava certo la distruzione della sua città. Esattamente il contrario. Le sue profezie volevano mettere in guardia dai pericoli in arrivo».
Però non venne ascoltata: vuol dire che anche lei è diventato un tifoso di Renzi e lo vuole mettere in guardia dai pericoli?
«Tifoso è probabilmente eccessivo. Certo nell'ultima settimana qualcosa è cambiato. Renzi ha deciso di dare la priorità che merita alla riforma del lavoro. La svolta, non ancora evidente nel discorso in Parlamento, è diventata chiarissima con le dichiarazioni sull'articolo 18 e il messaggio tv, in cui Renzi ha attaccato frontalmente i sindacati, accusandoli di aver sempre privilegiato i lavoratori garantiti e trascurato i precari e chi un lavoro non ce l'ha».
Queste cose Pietro Ichino le sta dicendo da vent'anni. Dapprima in assoluta solitudine, poi con una platea sempre più vasta. Risultati finora molto scarsi. Dov'è la novità?
«La novità sta nel fatto che a parlare ora è il capo del governo che è anche segretario del maggior partito della sinistra. La divisione fra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, garantiti e non garantiti, insider e outsider, è effettivamente il nodo fondamentale dell'Italia. Il fatto che sindacalisti, politici e osservatori gli oppongano, nel 2014, i medesimi argomenti di 20 o 30 anni fa, non fa che confermare le buone ragioni di Renzi».
Ma non c'è sempre il rischio dell'annuncite?
«In effetti per vincere una battaglia non basta avere ragione, o che gli avversari non dispongano di soluzioni praticabili. Occorre anche che le soluzioni funzionino. Per questo penso che quella che si annuncia sembrerà una battaglia fra "renzismo" e "camussismo", ma sarà invece una partita, dagli esiti imprevedibili, fra due renzismi entrambi possibili».
Che cosa sono i due renzismi?
«Il primo renzismo è modello Craxi. In questo scenario Renzi abolisce l'articolo 18 per i neo-assunti (come Craxi aveva fatto con la scala mobile), introduce il contratto a tutela crescente, riforma gli ammortizzatori sociali rendendoli più severi (corsi di formazione, obbligo di accettare le offerte di lavoro). In poche parole: modernizza il mercato del lavoro».
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