Altri venti morti e 170 dispersi. Le notizie che arrivano dal fronte sud del Mediterraneo assomigliano ogni giorno di più a un bollettino di guerra. La cronaca racconta di naufragi, di vittime, di tragedie ma anche di atti di grande valore umanitario visto che, nelle stesse ore in cui affondava il barcone al largo della Libia, altre 1.373 persone venivano tratte in salvo dalla nostra Marina nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum. Non ci sono più parole per commentare giornate come queste. Non ci sono più fili da annodare perché non ci sono più sponde affidabili. Ieri assieme alle notizie della nuova tragedia scorrevano le immagini dell’attacco all’aeroporto di Tripoli effettuato da gruppi dell’estremismo islamico.
A un migliaio di chilometri più a est c’è Gaza, poi la Siria, l'Iraq, il Kurdistan: un angolo di mondo a noi molto vicino arde di ferro e di fuoco alimentato dal radicalismo religioso. L'estendersi dei conflitti sta consolidando gruppi di influenza e lobby di potere internazionale cresciute grazie alle guerre. Per loro la pace è una sciagura di scongiurare ad ogni costo. Tutto questo per dire che una soluzione non è a portata di mano. Non se ne vedono i presupposti né i protagonisti.
Facile, allora, immaginare che i barconi di disperati in fuga verso la Sicilia saranno sempre più affollati e numerosi. A fronte di una emergenza umanitaria senza precedenti l'Europa risponde come al solito con toni burocratici. Frontex, l'agenzia Ue che si dovrebbe occupare dell'emigrazione, se ne lava le mani. Ha diramato un comunicato per dire che le strutture a disposizione sono assolutamente inadeguate.
«Siamo una piccola agenzia, con un piccolo bilancio e senza guardie di frontiera né navi né aerei», dice un portavoce della Commissione. Dunque, sono i singoli Stati che «devono fare di più». Da Bruxelles arriveranno, forse, più soldi, ma non mezzi né uomini. Servirebbe un coordinamento a livello comunitario che non esiste nemmeno a livello di ipotesi. Significa che l’Italia dovrà cavarsela da sola e la Sicilia resterà in prima linea per chissà ancora quanto tempo. Ma è questa l’Europa che vogliamo? Generosa solo di rimproveri e di richiami. Sempre pronta a promuovere procedure d’infrazione quando ritiene che i comportamenti dei singoli Paesi non osservano le regole comunitarie. Reticente e avara quando bisogna promuovere iniziative di solidarietà. Come non capire il diffondersi dell’anti-europeismo? Non ci stancheremo di ripetere che il tema della frontiera è comune e non possiamo farcene carico da soli anche perché l’Italia, per molti migranti, è solo un Paese di transito.
Caricamento commenti
Commenta la notizia