Martedì 26 Novembre 2024

Belpietro: «L’autonomia difende i privilegi, stop alle regioni a statuto speciale»

Dopo le province sarebbe opportuno togliere di mezzo le regioni a statuto speciale. A cominciare dalla Sicilia. È questa l'idea di Maurizio Belpietro, direttore di Libero che ormai non perde occasione per condannare gli sprechi e i privilegi che nell'isola vengono compiuti all'ombra dello Statuto. Con una battuta parla di «casta con le sarde». Indica una classe politica e burocratica che ha come solo riferimento il proprio ombelico. L'elenco degli abusi è infinito: dalle ferie di 35 giorni per l'Ars, fino agli stipendi che, a quanto pare, resistono a tutte le forbici. Per non parlare della stessa composizione dell'assemblea: nel 2012 era stata approvata, con grande fatica, una norma che tagliava il numero dei consiglieri. Trattandosi di una riforma costituzionale serviva anche il voto delle due Camere. La fine anticipata della legislatura ha bloccato il cammino parlamentare. La revisione del Titolo V della Costituzione, che si occupa proprio dei poteri delle Regioni, poteva essere l'occasione per riprendere il discorso a abolire gli statuti speciali. Invece non è accaduto nulla. UN'OCCASIONE PERDUTA DIRETTORE. PERCHÉ? «Lo Statuto siciliano aveva una giustificazione nell'infuocato dopoguerra quando forze oscure e certamente mescolate con la mafia volevano rompere l'unità nazionale staccando l'isola dal resto del Paese. L'Autonomia fu la via d'uscita. Del resto solo strumentalmente la sinistra divenne autonomista, per dare un orizzonte progressista all'eversione del separatismo e del banditismo, all'esercito di Antonio Canepa e alle lupare di Salvatore Giuliano, alimentate da pezzi del vecchio stato fascista e monarchico che non accettavano il 25 luglio, l'8 settembre e il 25 aprile». UN PECCATO ORIGINALE CHE NON È MAI STATO LAVATO. «Mai. Figurarsi che non si riesce nemmeno a capire esattamente quanti sono i dipendenti della Regione. Alcuni dicono 17 mila. Altri 19 mila. In qualche caso ho sentito anche 22 mila. Sembra Pirandello: ”Uno, nessuno, centomila”. In ogni caso più di quanti ne abbia la Casa Bianca. I burocrati siciliani sono pagati come i funzionari del Senato grazie ad una delibera, una delle prime, che risale al novembre del 1948, tanto per andare alle radici di questa altisonante Autonomia che debutta nel 1947 e anche storicamente nasce male, in difesa dei privilegi minacciati dal ”vento del nord”,come lo chiamava Pietro Nenni. Un’autonomia nata senza progetto». UN PATTO SCELLERATO? «Molto scellerato. L'Autonomia ha prodotto un ceto parassitario senza uguali in Europa. I membri dell'Ars guadagnano più degli altri consiglieri regionali italiani. Palazzo dei Normanni è il Parlamento regionale più caro d'Italia. Costa 170 milioni di euro, due volte più del Lazio e cinque volte più della Lombardia. Una classe politica e burocratica di assoluta inefficienza. Dal 2007 al 2013 l’Europa ha destinato alla Sicilia un totale di sei miliardi e mezzo di euro che la Regione non riesce a spendere, se non in minima parte». MA PERCHÉ I SICILIANI NON SI RIBELLANO? «L'Autonomia, con i suoi superpoteri di controllo del territorio, ha modificato, anche l'antropologia, che non è solo prepotenza e abuso, è anche mafia, anch’essa speciale, con un eccesso che ha reso i presidenti umanamente impresentabili, politicamente imbarazzanti, tutti penalmente compromessi. Basti pensare che le due ultime legislature si sono chiuse in anticipo a causa dell’intervento della magistratura che ha portato Cuffaro in galera e Lombardo in tribunale». IL FUTURO COME LO VEDE? «Male. Come si fa a essere ottimista scoprendo che in Sicilia ci sono 28 mila 542 operai forestali per un costo annuo di poco meno di 700 milioni. A Godrano su mille abitanti gli uomini che si occupano della tutela della natura sono 190, più di quelli impiegati in tutto il Molise, dove però i cittadini non sono mille ma 160 mila e di ettari a bosco ce ne sono ottanta volte più che a Godrano». UN CASO LIMITE? «Non pare. A Sortino, su 9 mila abitanti, i forestali sono 437, poco meno di quelli dell'intera Lombardia, che di abitanti ne ha 9 milioni 837 mila e di foreste non due ettari e mezzo, ma 660 mila. I raffronti potrebbero continuare con Pioppo 2.300 abitanti e 383 forestali, tanti quanti quelli del Piemonte. O con Marineo che ne ha più dell’Umbria. Ma i dati aggiungerebbero poco o nulla all'evidente sproporzione fra il numero di addetti di altre regioni e quello della Sicilia, le cui guardie campestri, da sole, coprono il numero di impiegati pubblici che il governo si è impegnato a ridurre con la spending review». IN QUESTA ANALISI NON C'È QUALCHE PREGIUDIZIO NORDISTA? «Ma figuriamoci. Non c’è settore pubblico, comunale, provinciale o regionale che sia, che non strabordi di dipendenti pubblici. A Palermo i dipendenti comunali sono 25 mila, diecimila in più che a Milano, che però ha il doppio di abitanti. Nell’isola abbondano anche gli addetti alle ambulanze: per 250 automezzi di pronto soccorso, gli autisti sono migliaia. L'elenco potrebbe continuare, ma aggiungerebbe poco al fatto che la Regione e gli enti locali sono un enorme stipendificio. Un’isola dove la pubblica amministrazione è una fabbrica di posti di lavoro, indipendentemente dall'utilità e persino dall’esistenza di quei posti. Sono stati creati i camminatori per portare una carta da un ufficio all’altro. In una terra dove c’è sempre il sole, hanno potuto fare straordinari anche a luglio ed agosto gli spalatori della neve».

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