Il tempo della burocrazia pervasiva ed inefficiente è stato dichiarato «esaurito» dalla rivoluzione renziana. In Sicilia c’è stato un tempo lungo, troppo lungo, durante il quale lo spirito autonomistico ha fatto da malleva per una politica interpretata dalle burocrazie. Quel tempo potrebbe essere finito. Come accade in queste ore, il presidente della Regione ha infatti sposato l’indirizzo statale, non per dare, ma per togliere privilegi ormai insostenibili. Non è accaduto spesso nella nostra storia recente. Nell’intervista a questo giornale il presidente Crocetta considera riproponibili in Sicilia alcuni punti forti del decreto di legge delega per la riforma della pubblica amministrazione.
Dalla retribuzione dei dirigenti, alla loro licenziabilità; dal taglio radicale dei permessi sindacali, alla mobilità obbligatoria del personale; ed ha annunciato l'intenzione di inserire alcune misure già nella legge finanziaria, che da martedì prossimo va all'esame dell'Ars.
A livello nazionale, le attese non sono poche. Secondo l'ultima rilevazione del Sole 24 Ore, sono ancora quasi 500 i provvedimenti attuativi rimasti in mezzo al guado dopo le leggi varate dai governi Monti e Letta. Ora il presidente del Consiglio corre ai ripari e prevede tempi e vincoli stringenti per l'attuazione delle leggi.
A livello regionale le attese non sono da meno. Lo Statuto siciliano attribuisce all'Ars competenza legislativa esclusiva in numerose materie; questa "specialità" ha però tante volte contrastato l'omogeneità delle scelte e delle procedure tra Roma e Palermo. E così la nostra specialità ha finito con l'assumere i caratteri di una (inopportuna) diversità. Oggi, volendolo, si può cominciare a cambiare.
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