L’Ance: «La Regione pensi all’Edilizia: imprese allo stremo, rischiamo il collasso»
PALERMO. «Con la nomina dei nuovi assessori il presidente Crocetta ha l'ultima chance per fare ripartire l'edilizia, che è l'unica ricetta per risollevare l'economia dell’Isola». Il presidente nazionale dell'Ance, l'associazione dei costruttori edili, Paolo Buzzetti, a Palermo per ascoltare le imprese associate, lancia un messaggio al presidente della Regione, Rosario Crocetta alla luce di dati preoccupanti per il settore. Negli ultimi due anni l'edilizia in Italia ha perso circa 740 mila addetti, in Sicilia 80 mila diretti oltre l'indotto. Sono 500, invece, le aziende fallite nell'Isola. «In proporzione la situazione siciliana è ancora più grave rispetto ai guai dell'intero settore nazionale delle costruzioni - ha detto Buzzetti -. Adesso la politica deve riconoscere che bisogna dare priorità alla ripresa dell'edilizia, perché si tratta di investimenti che producono lavoro ed occupazione e servono contestualmente a rimettere a posto il Paese». COSA VI ASPETTATE DAL NUOVO GOVERNO REGIONALE? «Dovrà imprimere finalmente un'accelerazione all'utilizzo delle risorse disponibili per nuove infrastrutture. Ho trovato in Sicilia una situazione estremamente disperata: imprese allo stremo e che non ce la fanno più ad andare avanti con pubbliche amministrazioni che non appaltano e con una burocrazia che blocca l'avanzamento dei cantieri e i pagamenti. Credo che per il presidente Crocetta questa sia l'ultima possibilità di dimostrare la propria capacità di incidere su un sistema vecchio e di dare risposte concrete e immediate all'economia. Le imprese non possono attendere oltre». CROCETTA CHE DEVE FARE? «Crocetta dovrà sbloccare i 5,2 miliardi di euro già finanziati per 118 opere grandi, medie e piccole che restano da anni in stand-by e i 600 milioni del Contratto interistituzionale di sviluppo con l'Anas. Si è perso un anno inutilmente e intanto le imprese chiudono e i lavoratori o sono licenziati o stanno in cassa integrazione. La difficoltà economica c'è, ma è un problema che non si risolve con i lavori socialmente utili, ma con l'edilizia e i lavori pubblici, perché sono quelli che creano occupazione. Lo dice anche una ricerca nazionale dell'Ance. Non è più tempo di bruciare risorse in ammortizzatori sociali che non servono all'economia. Bisogna aprire i cantieri e dare lavoro vero per accelerare la ripresa del mercato immobiliare e dei consumi. È incredibile che ci sono le disponibilità potenziali dei soldi e non riuscire a spenderli». DALL'ASSEMBLEA CON I COSTRUTTORI SICILIANI COSA È EMERSO? «Sono rimasto impressionato, perché conosco molti dei nostri imprenditori da tanti anni e non li avevo mai sentiti così preoccupati e un po' sfiduciati. È emersa una situazione di sofferenza, dopo sei anni di crisi, e devo dire che quelli che hanno resistito lo hanno fatto al di là di interessi personali per tenere su l'impresa, dal momento che so che non si guadagna più negli ultimi anni». IL GOVERNO NAZIONALE, INVECE, HA GIÀ MANIFESTATO L'INTENZIONE DI DARE PRIORITÀ ALL'EDILIZIA. PERCHÉ, SECONDO VOI, È IMPORTANTE PER RILANCIARE L'ECONOMIA ITALIANA? «Dodicimila imprese hanno chiuso e quelle che ci sono versano in una situazione di poco credito. Gli appalti pubblici si sono ridotti del 50 per cento e il mercato immobiliare è fermo. Quindi la situazione è veramente da anno zero. Però, se non riprende il mercato interno non riprende l'economia italiana, perché le sole esportazioni non bastano a spingere la ripresa italiana. E il mercato interno dipende in massima parte dall'edilizia e dalle opere pubbliche». INFLUIRÀ ANCHE L’ACCELERAZIONE DEI PAGAMENTI ALLE IMPRESE? «Bene ha fatto il premier Renzi a porre come priorità i pagamenti alle imprese (a quelle edili mancano ancora 10 miliardi sul pregresso e circa 7 miliardi sul corrente), nonché gli interventi sulle scuole e quelli per il dissesto idrogeologico. Ma per dare una risposta completa al problema occorre un Piano nazionale per la manutenzione del Paese cui deve essere legato un meccanismo che assicuri trasparenza nelle gare d'appalto e che consenta ai sindaci di spendere». I SOLDI MOLTO SPESSO CI SONO NELLE CASSE DEGLI ENTI LOCALI MA NON VENGONO SPESI. PERCHÉ? «Oggi mentre l'Europa spinge lo Stato a pagare le imprese, l'Italia col patto di stabilità interno punisce con pesanti sanzioni gli amministratori che vogliono pagare. Così l'80 per cento dei pagamenti in tutta Italia non vengono effettuati non perché non ci sono i soldi ma perché non si possono pagare per il patto di stabilità. Restano dunque inutilizzati sette miliardi di euro per nuove opere affidate agli enti locali». BUONE NOTIZIE ARRIVANO PERÒ DALLE BANCHE… «Finalmente sono ripartiti i mutui alle famiglie grazie all’accordo che abbiamo promosso con Abi e Cassa depositi e prestiti che assicura condizioni accessibili a tutti. Un accordo che poi il governo Letta ha recepito e attuato. Ci sono 5 miliardi a disposizione. Due subito e tre successivamente per fare tornare il credito. E hanno aderito moltissime banche comprese le due principali italiane. Se non riparte il mercato della casa sono le imprese che falliscono, ma falliscono anche molte banche medio-piccole. Questo le banche, che hanno in pancia il 50% degli immobili invenduti delle imprese, lo hanno capito. È positiva anche la task force costituita da Banca d'Italia, ministero dell'Economia e quello dello Sviluppo Economico. Uno strumento che nasce per potenziare gli strumenti di finanziamento delle imprese, soprattutto piccole e medie, e superare così le difficoltà che ostacolano il rilancio degli investimenti». MA IL CREDITO ALLE IMPRESE NON SI MUOVE? «Il credito alle imprese invece continua a restare fermo e su questo i governi, nazionale e regionale, devono intervenire per ridare credibilità e fiducia al rapporto fra due entità fondamentali del mercato interno».