Martedì 26 Novembre 2024

La Sicilia fra parentesi

Irredimibili. Lo spettacolo che da giorni ormai stanno dando generali e colonnelli della politica siciliana sancisce l’esistenza di una frattura fattasi ormai voragine fra le esigenze dei cittadini e del mondo imprenditoriale e la reale capacità degli stessi politici di captarle e tramutarle in priorità nelle proprie agende programmatiche.
La tela di Penelope del nuovo governo Crocetta, tessuta e disfatta ad ogni semplice mutamento di venti e umori nelle dorate stanze delle segreterie di partito, sta finendo per strozzare la sostenibilità di un sistema Sicilia ormai in piena implosione.
Davanti a spettatori passivi e disinteressati e sopra le teste di vittime impotenti e incolpevoli. Quindici imprese al giorno chiudono i battenti; la disoccupazione - giovanile e non - ha raggiunto livelli siderali; trentamila lavoratori della grande galassia regionale non avranno in tempo gli stipendi di aprile e forse neanche quelli di maggio; i crediti pubblici vantati dalle imprese si accumulano; gli scandali e le connesse inchieste giudiziarie - dalla formazione ai precari, dalle spese pazze agli appalti sospetti - si susseguono. E intanto la politica cincischia e battibecca. Impegnata in un vorticoso gioco di equilibri e ripicche su argomenti che con quel sistema Sicilia di cui sopra non hanno assolutamente nulla a che vedere.
Qui non si tratta di entrare nel merito di scelte fatte e rinnegate nel breve volgere di poche ore, nè di sentenziare su torti o ragioni. Siamo davanti a un dato di fatto: da settimane ormai non c’è più un governo vero e dunque non c’è più una altrettanto vera attività di governo. L’accorato appello che lancia il leader degli industriali siciliani Antonello Montante nell’intervista pubblicata nella pagina a fianco («La Regione deve operare, altrimenti meglio tornare a votare») va proprio in quella direzione: serve un governo, qualunque esso sia, che sia in grado di agire e determinare scelte. È su quelle che va poi legittimamente sostenuto un confronto, magari anche uno scontro, purchè produca una sintesi di natura operativa. Altrimenti siamo alla palude politica che ci si era illusi di aver consegnato alle cronache ingiallite dei tempi bui della politica delle nostre latitudini. Tornati più che mai attuali. Quelli cioè in cui l’oggetto del confronto era una torta da spartirsi. E la Sicilia era solo un’incidentale fra parentesi.

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