Chi tocca i fili muore; questo utile avvertimento, del tipo salva vita, dovrebbe essere ben fisso in mente a chi si trova, per un motivo o per un altro, ad avere un rapporto di empatia con il Movimento 5 Stelle. Lo ha scoperto sulla propria pelle una giornalista come Milena Gabanelli, che pure era stata indicata, con le Quirinarie grilline, idonea alla Presidenza della Repubblica.
La professionale titolare di Report, decisamente insensibile a qualunque forma di riguardo per chicchessia, aveva osato punzecchiare i grillini con una ferma notazione critica: «Con tre milioni di disoccupati smettetela di parlare di scontrini», diventando così oggetto dei loro acuminati strali.
Lo hanno scoperto sulla propria pelle due parlamentari del Pd, del calibro di Finocchiaro e Zanda, quando hanno avuto l’ardire di depositare un disegno di legge per disciplinare la forma partito, nonostante Grillo in prima persona abbia sempre escluso una simile contaminante scelta; l’ipotesi democratica di mettere fuori gioco il “non partito” grillino ha prodotto il solo effetto di seppellire i due autorevoli esponenti democratici sotto una spessa coltre di insulti. Ma questi ed altri episodi analoghi non sono stati sufficienti a stimolare una riflessione critica da parte dei vertici del Partito Democratico, immemori di avere tenuto il Paese in stallo per quasi due mesi, nella vacua ricerca di una intesa politica tra Bersani ed il Movimento 5 Stelle, finalizzata alla nascita di una maggioranza per guidare il Paese.
Oggi un pizzico di autocritica non guasterebbe, neanche da parte di chi, indossate nuove vesti, si candida a “girare come un calzino” e poi governare questo povero ed afflitto Paese.