Le indiscrezioni hanno trovato una prima, seppur indiretta, conferma. Il Wall Street Journal annuncia che, dopo la fusione con Chrysler, la sede della Fiat sarà spostata dall’Italia alla Gran Bretagna per risparmiare sulle tasse e il mercato azionario di riferimento non sarà più Milano ma New York, viste le differenti dimensioni. Siamo ancora a livello di voci ma, vista l’autorevolezza della fonte, difficile pensare che non sarà così. In ogni caso c’è poco da aspettare: in settimana si riunisce il consiglio d’amministrazione della casa torinese e quindi il mistero sarà svelato. D’altronde è questo il copione che Marchionne ha seguito dopo la fusione tra Iveco (bus e camion) e l’americana Cnh (trattori e scavatrici). Già in quell’occasione c’erano state molte polemiche. Facile immaginare come si moltiplicherà l’indignazione delle tante anime belle ora che la riorganizzazione tocca un’attività dotata di maggior visibilità di mercato come l’auto.
Sappiamo anche quale sarà la risposta di Marchionne: difenderà il radicamento nazionale del gruppo, dirà che comunque continuerà a pagare le tasse in Italia e che il trasferimento del titolo a Wall Street non sarà un tradimento di Piazza Affari ma solo un allargamento della base azionaria. Qualche schermaglia verbale, un po’ di movimento nei talk show e poi tutto si placherà. Difficile, però, che si arrivi al nocciolo del problema che è questo: la Fiat, ormai, è una autentica multinazionale che si comporta come tutte le altre. Si sposta dove può pagare meno tasse nel rispetto della legge. Sceglie il mercato azionario più accogliente e decide gli investimenti industriali nelle aree che promettono guadagni più sicuri. Sono semplici calcoli di convenienza. Il sentimento non c’entra nulla.
Le anime belle, a cominciare dai politici e dai sindacalisti, anziché strepitare come certamente faranno, dovrebbero porsi un problema semplice: come convincere le multinazionali a scegliere l’Italia e le imprese che ci sono a non andar via. Sciolto questo nodo, il resto verrà da solo. Prendere Marchionne sul sentimento, ricordandogli che nel nome Fiat ci sono Italia e Torino, è fatica sprecata.
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