di LELIO CUSIMANO
Una stucchevole discussione accompagna l’idea di introdurre in Italia l’imposta patrimoniale; il dibattito si fonda sulla fallace illusione che il «patrimonio» coincida con la «ricchezza» e che la «ricchezza da tassare» debba fare ideologicamente da contraltare alla «povertà da esentare». Una tesi questa che risulta piuttosto ardita quando oggetto della patrimoniale è la casa e quando si considera che il 78,1% delle famiglie italiane ne possiede almeno una.
Con un eccesso di leggerezza molti ritengono di potere riproporre il mito, duro a morire, che i problemi si risolvano togliendo ai ricchi per dare ai poveri. Ma l'Italia non è la foresta di Sherwood ed il ministro Saccomanni (qui considerato titolare delle entrate) è cosa ben diversa da Robin Hood. L'Italia è piuttosto una fitta boscaglia di tasse, balzelli e prelievi sotto varia forma, tutti con una motivazione comune: trovare sempre più soldi per alimentare il moloch della spesa pubblica. Purtroppo, per restare nel mito, l'Italia non ha un Robin Hood che restituisca al popolo quanto gli è stato sottratto da uno «sceriffo» fiscale troppo esoso.
Dovendo quindi uscire dal sogno favolistico per rientrare nella crudezza della realtà, è bene prendere atto di un fatto nuovo: mentre gli italiani credevano di partecipare ad un erudito confronto ideologico, hanno scoperto che la patrimoniale di fatto è stata già applicata, che colpisce tutti e per di più con l'odioso sotterfugio di presentarla come il frutto di una contrastata e sofferta abolizione dell'IMU.
Al lettore che volesse avventurarsi nell'oscura boscaglia (delle tasse sulla casa), si chiede un supplemento di pazienza. In Italia, stando alle fonti ministeriali, esistono 55 milioni di abitazioni e relative pertinenze (box, cantine, etc). Il 60% sono abitazioni principali, il 10% sono in locazione, il resto si distribuisce tra case vuote, in uso gratuito o altri usi; quasi due milioni di abitazioni, infine, risultano sconosciute al fisco ed in buona misura si trovano al Sud; con una buona dose di accondiscendenza siamo soliti definire questo macroscopico fenomeno «abusivismo di necessità».
Secondo l'Agenzia del Territorio, il valore dell'intero patrimonio abitativo italiano è di circa 6.500 miliardi di euro di cui - e qui la sorpresa metterebbe in imbarazzo anche Robin Hood - appena 609 miliardi (9%) in capo a società. Quanto rende allo Stato il patrimonio abitativo italiano? Dal ricco immobiliarista al modesto operaio? Nel 2012 le imposte sugli immobili hanno fruttato all'Erario 41,2 miliardi di euro, così distribuiti: 20,1 miliardi sono arrivati dall'IMU/ICI, 12,7 miliardi sono stati incassati tassando il trasferimento di immobili attraverso IVA, registro, successioni, etc. Altri 6,6 miliardi sono arrivati attraverso la tassazione del reddito dei proprietari (Irpef ed Ires); 1,8 miliardi infine è stato il gettito delle imposte sulle locazioni. Allargando lo sguardo ai due anni precedenti risalta però un fatto preciso. Le imposte di natura patrimoniale (IMU ed ICI) hanno più che raddoppiato il loro peso passando appunto da 9,2 a 20,1 miliardi (+220%).
Creando una confusione indicibile tra i contribuenti, i comuni e gli intermediari (Caf, consulenti, etc), si è messa in piedi una manovra di tipo patchwork, con toppe tutte di diversa misura e di colori contrastanti, una manovra sfociata in una pesante tassa patrimoniale che ora diventa, malgrado le smentite, assi più dura e che porta novità ogni giorno. Cerchiamo di districarci. Il Governo ha introdotto una nuova tassa, si chiama TASI (imposta sui servizi indivisibili) imponendo ai comuni un tetto massimo del 2,5 per mille del valore delle abitazioni; questa imposta in teoria sostituisce l'IMU sulla prima casa. Per gli altri contribuenti, titolari di abitazioni di lusso o di seconde case, terze case, etc e per i quali l'IMU resta viva, vige l'obbligo di non sfondare comunque il tetto massimo del 10,6 mille. Ma ora si scopre che la pausa natalizia ha portato (cattivo) consiglio; l'aliquota massima della TASI crescerà secondo alcuni al 3 per mille e secondo altri al 3,5 per mille e l'imposta totale, con l'IMU, potrebbe salire all'11,6 per mille.
L'aumento ha il sapore della beffa, giacchè la TASI nella versione precedente rendeva 2,5 miliardi mentre nella nuova versione intanto darebbe un gettito di 3,5 miliardi, quasi quanto il gettito IMU sulla prima casa che era di 4 miliardi. Però, a differenza dell'IMU, la TASI non grava solo sulle prime case ma colpisce tutti gli immobili, compresi quelli oggetto dell'IMU. Si avrà così un gettito complessivo TASI di circa 7,5 miliardi di euro. Ed arriviamo alla TARI. La nuova imposta comunale vuole coprire il costo dello smaltimento dei rifiuti; introducendo una novità rispetto alla precedenti TARSU o TIA che avevano lo stesso fine. Ora però bisogna coprire per "intero" il costo del servizio. In una città come Palermo, dove il servizio è pessimo ed il costo appesantito dal numero troppo alto di dipendenti, saranno dolori. In definitiva mettendo insieme gli aumenti TARI e quelli TASI, arriviamo ad una tassazione patrimoniale sulla prima casa addirittura superiore a quella della vecchia IMU e della vecchia TARSU e con l'aggravante che per alcune categorie di contribuenti il salasso sarà più duro, specie i piccoli esercizi commerciali ed i titolari di seconde case. Si sfonderà quindi il tetto di 41 miliardi per puntare verso i 46-49 miliardi di euro a seconda dell'aumento TASI. Se non è patrimoniale questa...
Pensierino finale per i siciliani. Pagheranno un conto molto salato; intanto si sono fatti beccare con una superficie abitativa media per famiglia del 10% in più della media italiana (le solite manie di grandezza...), inoltre risultano titolari di un maggior numero di seconde case (fuori comune e fuori provincia) rispetto alla media, hanno poi il doppio delle abitazioni fuori regione ad esempio dei lombardi e stanno per essere colpiti dall'emersione delle abitazioni abusive che lo Stato si è premurato di fotografare con speciali voli aerei. Quanto al costo dello smaltimento rifiuti, abbiamo già detto. Come se tutto questo non bastasse, c'è mamma Regione con i gravosi balzelli delle addizionali Irpef ed Irap. Povera Sicilia!