Il Papa parla al popolo dei Forconi. O almeno all’ala più moderata del movimento. Ieri un centinaio di attivisti, abbandonati i trattori, si è radunato a piazza San Pietro per assistere alla Santa Messa e all’Angelus. Il Pontefice ha dedicato un passaggio anche a loro mostrando di comprenderne le ragioni a patto però di respingere «le tentazioni della violenza e dello scontro». Soddisfatto Mariano Ferro, il leader dei Forconi siciliani che ha scelto abbracciare la via del dialogo, abbandonando gli estremismi della rivolta: «Siamo venuti dal Papa – ha dichiarato - per dire al mondo che la smetta di dipingerci come violenti ed esprimere il disagio di fasce crescenti della popolazione».
Il governo e la politica farebbero bene ad ascoltarli. Soprattutto se davvero fosse confermata la scelta di abbandonare la violenza. La via del dialogo e del confronto è l’unica possibile per far sentire le loro ragioni. La crisi sta lacerando in profondità il tessuto sociale del Paese. La classe politica appare incapace di dare risposte. Non solo in termini di politica economica con la continua spremuta di tasse ma, soprattutto, con i comportamenti. Non si vedono tagli sostanziali alla spesa pubblica e tanto meno agli sprechi. Viceversa, si vede un attaccamento morboso ai privilegi: dall’Ars che fatica a tagliare gli stipendi fino all’eterno balletto sulle Province. Siamo perfettamente consapevoli che non sarà il risparmio di qualche migliaio di euro sugli stipendi dei deputati regionali o la cancellazione dei consigli provinciali a segnare la svolta sui conti pubblici. Tuttavia rappresentano un segnale importante: la consapevolezza della crisi e la condivisione delle sue conseguenze con le fasce meno fortunate della società. Le parole del Papa sono rivolte ai manifestanti perché abbandonino la violenza ma anche alla politica perché si svegli.
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