di LELIO CUSIMANO
Se qualcuno venisse a dire che l’anno scorso in Sicilia ha trovato lavoro più di un milione di persone, finirebbe con lo scatenare, per lo meno, un sentimento di scettica incredulità. Eppure è così. Nel 2012, come ha scoperto il Giornale di Sicilia, sono stati assunti nella nostra Isola 1.042.740 lavoratori; per la precisione si tratta di 701.875 lavoratori a tempo determinato, di 189.823 a tempo indeterminato, 71.906 a progetto, 41.870 con prestazione occasionale, 18.092 apprendisti, 6.114 tirocinanti e 13.060 con altre tipologie contrattuali. Ma che cosa è successo, si chiederanno i lettori? La Sicilia è forse diventata una nuova Eldorado?
La realtà, per quanto sorprendente, è che anche in Sicilia, come in tutte le altre regioni, si conta un flusso continuo di entrate ed uscite dal mondo del lavoro. Purtroppo l'informazione prevalente guarda soltanto al saldo finale e non considera invece i movimenti all'interno del mercato, nel quale non si fanno soltanto licenziamenti ma anche tante, tante assunzioni. In sostanza il mercato del lavoro opera alla stregua di una gigantesca porta girevole, attraverso i cui battenti entra ed esce continuamente un gran numero di lavoratori. Sgombriamo subito il campo da eventuali perplessità; i dati che oggi pubblichiamo sul numero di assunti in Sicilia non sono frutto di stime, né rappresentano il risultato di qualche sofisticata indagine. Si tratta piuttosto di informazioni estratte dalle comunicazioni obbligatorie di «inizio rapporto» che ogni datore di lavoro (pubblico o privato) è «obbligato» appunto ad inviare al Ministero.
Sono quindi dati certi e certificati, anche perché la comunicazione di dati volutamente errati è sanzionata. Ma torniamo alla Sicilia ed al suo «dinamico» mercato delle assunzioni. Abbiamo visto come si sono distribuiti nel 2012 i nuovi rapporti di lavoro per tipologia di contratto; vediamo come sono andate le cose per fasce di età e per settori economici. La fetta più consistente nell'ambito di 1.042.740 assunzioni, si concentra nella fascia 15-40 anni (56%), mentre il 25% delle assunzioni è nella fascia tra 41 e 50 anni. Il 16% delle assunzioni ha interessato i lavoratori oltre i 50 anni. Ma probabilmente i lettori saranno più interessati a conoscere le aree nelle quali risultano maggiori le prospettive di occupazione. A fare più assunzioni (poco più del 20% del totale) è come sempre l'area dei servizi, quali le attività di supporto alle imprese, l'informazione e le attività artistiche. Seguono l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca, con una quota di assunzioni pari ad un altro 20% circa. Buona la performance occupazionale nei servizi ricettivi e della ristorazione (poco più del 15%). Con valori variabili tra il 5% ed il 10% ci sono infine i servizi di istruzione, il commercio, le imprese manifatturiere e le costruzioni; quasi irrilevanti le assunzioni nella sanità e nelle attività professionali. Dal punto di vista del profilo professionale richiesto agli assunti, in Sicilia sono prevalse le professioni non qualificate come gli operai nell'agricoltura, nella pesca e nell'edilizia, seguite dalle professioni qualificate nel commercio e nei servizi, come i camerieri di albergo ed i camerieri di sala. In terza «ruota» si collocano le professioni intellettuali (con un 10% circa del totale delle assunzioni) come ingegneri, architetti ed insegnanti. Che cosa possiamo dedurre da queste (originali) informazioni?
La risposta (da girare al Governo ed al Parlamento della Sicilia) l'affidiamo al Senatore Pietro Ichino ed all'intervento pronunciato nell'ambito del dibattito in Aula sulla legge di stabilizzazione dei precari. La platea dei precari italiani, ricorda Ichino, è composta da circa 200 mila lavoratori; se tutto andasse nel migliore dei modi, le amministrazioni pubbliche potrebbero assumere in due o tre anni da dieci a dodici mila persone. Ed allora, tenuto conto che nel 2012 in Italia sono state fatte 1,7 milioni di assunzioni a tempo indeterminato (anche in questo caso la fonte è la comunicazione obbligatoria) perché, si interroga Ichino, dovremmo indurre 200 mila persone a riporre tutte le loro speranze soltanto su pochi posti (uno ogni venti!) nelle pubbliche amministrazioni? Non sarebbe preferibile, dice l'ex dirigente Fiom-Cgil, assicurare ai precari gli aiuti ed i supporti necessari per immettersi nel grande flusso di 1,7 milioni di contratti di lavoro a tempo indeterminato?
Ichino invoca la formula del «contratto di ricollocazione», l'idea cioè di rinunciare all'impiego di risorse pubbliche per alimentare un'illusione (quella dei precari tutti assunti nel pubblico) ed utilizzare invece le stesse risorse per dare continuità di reddito a chi il lavoro lo perde ed assistenza di qualità a chi il lavoro lo cerca. In giorni come quelli che viviamo, con l'Ars paralizzata in una preoccupante guerra di trincea, tra minacce e plateali accuse di «azzeccagarbugli» forse non c'è da attendersi molto. Ma almeno accogliamo con soddisfazione le parole dell'assessore al Lavoro, Ester Bonafede, che commentando i dati sulle comunicazioni obbligatorie, attribuisce valore strategico allo sviluppo di politiche attive del lavoro e che sposa in pieno il filone (Youth Guarantee) voluto dall'Europa per i giovani. «Mettiamo fine al mercato delle illusioni - dice l'assessore Bonafede - e produciamo il massimo sforzo perché la domanda e l'offerta di lavoro, quello vero, possano utilmente incontrarsi».