In Sicilia dovremmo già avere le Zone Franche Urbane; a settembre scorso dovevano, infatti, partire le relative procedure. Ma una cappa di silenzio avvolge questa grande opportunità per la Sicilia; una cappa che non sono riusciti a bucare neanche l'interrogazione e l'interpellanza presentate a luglio scorso dal Movimento 5 Stelle. Le chiamano Zfu ma le chiameremo Zuf, non foss'altro che per rendere più agevole la pronuncia. Si tratta di speciali aree, circoscritte a piccoli comuni o addirittura a singoli quartieri urbani, dove, per favorire la nascita di nuove attività imprenditoriali, vengono drasticamente abbattuti le tasse ed i contributi previdenziali per i lavoratori; inutile sottolineare in un momento come questo che cosa significherebbe immettere nel circolo oltre 100 milioni di euro, specie per le piccole e le micro imprese siciliane. Proviamo a fare un po' di storia.
L'idea si afferma per la prima volta in Francia con le Zones Franches Urbaines, istituite nel 1996 ed oggi attive in più di 100 quartieri. In Italia, tutto ha inizio con la legge finanziaria che nel dicembre 2006 istituì le Zuf; il quadro delle agevolazioni fiscali e previdenziali ha trovato però la sua esplicitazione definitiva soltanto con un decreto del Ministero dell'Economia pubblicato in Gazzetta a luglio scorso. Insomma, lo Stato italiano ha impiegato dieci anni per «copiare» l'idea dei francesi e quasi altri sette anni per definire il quadro regolamentare nel quale si collocano le Zuf; non sappiamo ancora quanto impiegherà la Sicilia a metterle in moto.
Sono esempi come questo che danno la misura di quanto la politica e le istituzioni siano e restino lontane dalla società reale. Cominciamo intanto con l'individuare quali siano le imprese più interessate ad insediarsi in una ZUF. Beneficiarie possono essere le piccole e le micro imprese; secondo i criteri comunitari un'impresa è «piccola» quando occupa meno di 50 persone ed ha un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro.
Si definisce «micro» un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro; dai benefici delle Zuf sono escluse le imprese agricole e quelle della pesca e dell'acquacoltura. I benefici fiscali e previdenziali previsti per le ZUF sono davvero significativi e si protraggono per 14 anni. Le imprese vengono infatti esentate - nella misura massima di 100 mila euro per esercizio e di 200 mila euro a triennio - dalle imposte sul reddito, dall'Irap, dall'Imu e dal versamento dei contributi sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Il taglio dei prelievi fiscali e contributivi, rispettando il tetto «de minimis», si applica in misura del 100% nei primi cinque anni, del 60% dal sesto al decimo anno, del 40% dall'undicesimo al dodicesimo anno ed infine del 20% nel tredicesimo e nel quattordicesimo esercizio. L'esenzione Imu copre soltanto quattro esercizi, mentre il tetto di esenzione è incrementato di 5 mila euro per ogni lavoratore assunto purché residente nella Zona. Va detto subito che, per evitare iniquità, è previsto che destinatarie dei benefici fiscali delle ZUF siano tanto le imprese che si vanno ad insediare che quelle preesistenti nello stesso territorio.
È interessante segnalare che i benefici fiscali si godono attraverso una riduzione dei pagamenti dovuti, utilizzando i consueti modelli di pagamento (F24). Ed andiamo ora alla Sicilia. Anche in materia di individuazione delle aree da classificare come ZUF la vicenda si è dipanata con alterne vicende. In prima battuta, con una delibera CIPE del 2009, furono individuate e finanziate nell'Isola soltanto tre zone: Catania Librino, Gela ed Erice. In realtà lo stesso Cipe individuò in Sicilia altre nove aree ammissibili ma senza finanziarle: Aci Catena, Acireale, Barcellona Pozzo di Gotto, Castelvetrano, Giarre, Messina, Sciacca, Termini Imerese e Trapani. Intervenendo nel 2010 con una propria legge, la Regione Siciliana decise infine di individuare altre cinque zone e di ricorrere ai fondi per le aree sottoutilizzate per finanziare anche le ZUF non ammesse al finanziamento statale ed integrare le risorse assegnate dallo Stato; le ultime aree ammesse sono state Palermo-Brancaccio, Palermo-Porto (si attende la perimetrazione), Bagheria, Enna e Vittoria.
In sostanza, in termini di benefici fiscali e contributivi non cambia nulla; l'unica differenza è che lo Stato finanzia tre ZUF mentre la Regione si fa carico delle altre 14 aree ed integra il contributo statale per Catania, Gela ed Erice; e così dallo Stato arriveranno per Catania 3,6 milioni, per Erice 1,9 milioni e per Gela 2,8 milioni di euro. Per quanto concerne i fondi della Regione, poco più di 18 milioni servono per integrare i fondi statali per Catania, 13,4 milioni andranno a Gela e 4,7 milioni ad Erice. Ed ancora 5 milioni andranno a Termini Imerese, 18,6 milioni a Messina ed 8,5 milioni a Barcellona Pozzo di Gotto. Per Aci Catena e Castelvetrano sono previsti circa 6 milioni ciascuna, per Acireale 9 milioni e 200 mila, per Giarre 4,7 milioni, per Trapani 6,8 milioni ed 8,3 milioni per Bagheria. Infine a Vittoria andranno poco più di 10 milioni di euro mentre a Enna ed a Sciacca andranno 5,2 milioni ciascuna. Andranno, sì. Ma quando? È prevista anche un'altra zona franca con la pomposa denominazione di zona franca della legalità di Caltanissetta; le somme da investire nel territorio nisseno ammontano a circa 50 milioni di euro. Circa quattro mesi fa il Movimento 5 Stelle tentò di smuovere le acque con un'interpellanza ed un'interrogazione al Governo regionale. Anche queste però senza risposte.
Zone franche urbane, nell’Isola non decollano
Speciali aree dove, per favorire nuove attività imprenditoriali, vengono abbattuti le tasse e i contributi previdenziali
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