Mercoledì 27 Novembre 2024

Decadenza, la fretta e le risse

Non c’è niente da fare. La pacificazione resta un sogno. La scena è dominata dalle convulsioni dei partiti che restano concentrati sul proprio ombelico invece di occuparsi con la necessaria attenzione dei problemi del Paese.
Il ruolo pubblico assunto da Silvio Berlusconi «come uomo politico» rende più grave «la valutazione della sua condotta» di frode fiscale e pertanto, anche per la durata della pena accessoria, non merita il «minimo della pena». Sono questi in sintesi i motivi per cui due settimane fa i giudici di Milano hanno disposto due anni di interdizione dai pubblici uffici per il Cavaliere, l'«ideatore, organizzatore» di un sistema creato «anche per poter più facilmente occultare l'evasione» e già condannato definitivamente a quattro anni di carcere per il caso Mediaset. Nelle dieci pagine dei motivi della sentenza, Maria Rosaria Mandrioli, il giudice estensore della terza Corte d'Appello, spiegando le ragioni che hanno portato a rideterminare, al ribasso, i cinque anni di pena accessoria inflitti in primo e secondo grado all'ex premier, ha scritto che il collegio, ha seguito «lo stesso criterio» utlizzato dalla Cassazione quando, lo scorso primo agosto, ha reso definitiva la pena principale: per l'«oggettiva gravità dei fatti contestati» ha ridotto di un terzo il massimo previsto dalla legge che in questo caso è tre anni.
Ma al di là dei conti, nelle motivazioni, oltre a una serie di considerazioni in linea con quelle fatte da chi in precedenza ha giudicato il leader del Pdl, ci sono delucidazioni non da poco. Delucidazioni messe nero su bianco per chiarire il perchè dell'inamissibilità e dell'irrilevanza delle due eccezioni di incostituzionalità, una sulla legge Severino e l'altra sulle norma che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi, sollevate in aula dalla difesa il 19 ottobre scorso, durante il processo: è stato sottolineato come la legge sulla decadenza e sulla incandidabilità «ha un ambito di applicazione distinto, ben diverso e certamente non sovrapponibile con quello» trattato ed è riservato non tanto all'«Autorità Giudiziaria» bensì all'«Autorità Amministrativa».
A cominciare dalla crisi economica che offre appena qualche schiarita. Il bello stabile è ancora lontano. Domina il tema della decadenza di Silvio Berlusconi. Nel Pd e nei partiti di opposizione prevale il desiderio di decapitare, per fortuna solo politicamente, il fondatore del Pdl. Niente onore delle armi come pure aveva sollecitato un antico riferimento della sinistra, non certo sospettabile di collusione, come Luciano Violante. Le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano ha condannato Berlusconi all’interdizione temporanea dai pubblici uffici ha riaperto la piaga.
La Legge Severino che imporrà l’uscita di Berlusconi dal Senato rispetta la Costituzione? Non siamo giuristi ma l’interrogativo merita considerazione. Nessuno, infatti, può essere condannato se il fatto, al momento in cui fu commesso, non era considerato reato. È la regola fondamentale del diritto fin dai tempi dell’«habeas corpus» medioevale.
La legge che porta il nome dell’ex Guardasigilli rispetta questo cardine del diritto? Il principio di legalità imporrebbe che a pronunciarsi fosse la Corte Costituzionale. Vista la situazione è probabile che in pochi mesi ci sarebbe la sentenza.
Definitiva e inappellabile. Soprattutto un ventilatore per allontanare i veleni che ancora una volta avvolgono le istituzioni. Invece la giunta delle elezioni sta andando avanti. Segno che le regole tribali prevalgono sulla politica. Il Pd sembra non voler sentire ragioni: vuole lo scalpo dell’avversario da cui per vent’anni è stato umiliato alle urne. Non splende il sole sulla democrazia. All’oscuramento contribuisce anche l’atteggiamento del Pdl intenzionato a rispondere con la crisi di governo.
Occhio per occhio dente per dente, recitava la regola fondamentale del Codice di Hammurabi. Ma è stata scritta quattromila anni fa. Ecco perché il Pdl meglio farebbe a fermarsi. Niente vendette trasversali che, in questo momento, gli italiani non capirebbero. Una dimostrazione di scarsa considerazione verso il Paese che avrebbe la sensazione di essere trascinato nell’instabilità solo per difendere i destini di un uomo. Un messaggio molto negativo se il finale di partita dovessero essere le elezioni. Ma in giro danzano troppi apprendisti stregoni. Ecco perché più che mai dovrebbe prevalere il senso di responsabilità e il rispetto per il Paese. Soprattutto tra le fila delle giunta che dovrà esprimersi sulla decadenza del Cavaliere. Speriamo che la notte abbia portato consiglio.

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