Mercoledì 27 Novembre 2024

Le imprese dell’Isola soffocate dalle carte

Il governo regionale muove una pedina importante sul tavolo dell'economia siciliana, con l'intento di dare scacco alle lungaggini procedurali ed al relativo corollario, fatto di interessi, intrallazzi, fallimenti e persino rinunce, per non dire del contrasto implicito all'arrivo di capitali stranieri. L'idea del governo è semplice (LEGGI QUI L’ARTICOLO); consentire, con il meccanismo del silenzio-assenso, il rapido avvio delle attività economiche.
Il confronto con il resto del Paese può risultare illuminante, utilizzando a tal fine una indagine della Banca d'Italia. Per l'avvio di un’impresa, ad esempio, sono necessari 27 giorni in Sicilia e 9 giorni nel nord-ovest; per il rilascio di una concessione edilizia sono sufficienti 356 giorni nell'Italia centrale, mentre in Sicilia servono quasi venti mesi in più.
Nel computo delle «burocrazie» l'indagine inserisce anche i tempi della giustizia; e così mentre per risolvere una controversia giudiziale sono necessari addirittura cinque anni nel nord-ovest, in Sicilia bisogna aggiungere, a questa tempistica non certo favorevole, altri cinque mesi. Ma se poi proviamo a convertire in quattrini le lungaggini temporali, allora la sorpresa diventa preoccupante; il costo della soluzione della controversia, infatti, può portarsi via una fetta consistente del valore dell'oggetto della controversia stessa. Facciamo il caso, ad esempio, che una banca sia obbligata a recuperare l'importo mutuato per l'acquisto di una casa, le cui rate non siano state onorate. Scopriamo che con questa operazione se ne va in fumo, ovviamente a carico del creditore, il 33% del valore dell'immobile nella media del Paese ed addirittura il 49% in Sicilia.
Ebbene le spese necessarie a chiudere un’impresa incidono in Sicilia per un quinto abbondante (22%) del valore residuo dell'impresa, mentre nella media dell'Italia centrale è sufficiente, per così dire, sacrificarne appena il 10%.
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