I novanta deputati di Palazzo d'Orleans sono gli eletti dal popolo meglio pagati d'Italia. Un primato di cui vanno tanto orgogliosi che non ci vogliono rinunciare per nessun motivo. Per esserne certi stanno cercando in tutti i modi di impantanare la riforma che taglia le retribuzioni. Mediamente, secondo quanto risulta dalle nostre cronache, guadagnano tremila euro in più dei consiglieri delle altre Regioni. Ma guadagnano anche di più dei senatori cui il loro stipendio viene parametrato. Moltissimi i componenti dell'Assemblea, infatti, godono di indennità aggiuntive legate a qualche incarico d'aula (capogruppo, presidente, vice presidente, membro dell'ufficio di presidenza, e via elencando). Incarichi che, molto spesso, hanno il solo obiettivo di accrescere la busta paga. Le altre Regioni si sono tempestivamente adeguate alla politica di austerità imposta dal decreto Monti. La Sicilia insiste con i privilegi. La Casta, chiusa nella sua torre d'avorio, appare sorda a ogni richiamo alla realtà. Non importa se l'economia siciliana è al collasso. Non rileva il numero crescente di disoccupati, soprattutto fra i giovani. Non conta se il Pil continua a scendere. Se si pagano tasse stratosferiche anche per mantenere i costi di questa politica.
Per i deputati dell'Ars l'unica cosa che veramente conta è la robustezza della loro retribuzione. Unica eccezione i grillini che proseguono sulla strada dell'auto-riduzione. Almeno su questo andrebbero imitati. Invece niente: i colleghi preferiscono contare le banconote che affollano i rispettivi conti in banca. Devono sbrigarsi però: i tagli del decreto Monti sono una legge dello Stato e quindi la Sicilia non può sottrarsi tanto a lungo facendosi scudo con lo Statuto. Prima o poi anche per loro arriverà la scure. Sarebbe elegante se fossero essi stessi a maneggiarla invece di lasciarla imbracciare agli organi di controllo. Ma stile e bon ton non sono di moda fra gli occupanti di Sala d'Ercole. Difendono strenuamente i mega-stipendi. Finchè dura è tanto di guadagnato (per loro). E non fanno presagire nulla di buono neanche le notizie sulle presenze in Aula: ieri c’erano solo 5 deputati su 90.