Ineccepibile dal punto di vista istituzionale il videomessaggio di Silvio Berlusconi. Ha scelto la saggezza smentendo le previsioni dei falchi che pronosticavano un discorso con il sangue agli occhi. Ha fatto appello ai bisogni degli italiani.
Ha parlato dell'economia che va male, del fisco che opprime ma ha evitato di addossare responsabilità specifiche al governo. In fondo questa maggioranza è figlia della linea politica che il Cavaliere ha adottato già all'indomani del risultato elettorale. Ha piegato un recalcitrante Pd e dunque non poteva, per una avversa circostanza, cambiare parere. Certo ha lanciato accuse gravissime alla magistratura. Ha parlato delle «toghe rosse», si è dichiarato vittima di una persecuzione che punta ad eliminarlo per via giudiziaria visto che alla sinistra è impossibile farlo attraverso le urne. Ma tutto questo non è una novità. I problemi della giustizia italiana, Berlusconi o non Berlusconi, sono sotto gli occhi di tutti. Basta entrare in un Palazzo di Giustizia per accorgersene. Non a caso veniamo perennemente bacchettati dall'Unione europea per il cattivo funzionamento del processo penale. Di quello civile è meglio non parlare: la lunghezza dei procedimenti, è noto, rappresenta una delle cause che blocca gli investimenti esteri in Italia.
Quello che conta è il dato politico emerso dal discorso del Cavaliere. Ha separato i suoi destini personali da quelli del governo. Fra un mese decadrà dalla carica di senatore, indipendentemente dal voto della giunta per le elezioni e poi dell'aula. Lascerà comunque Palazzo Madama per scegliere fra gli arresti domiciliari e l'affidamento ai servizi sociali.
Mostrando questo alto senso di responsabilità, il Cavaliere rende un gran servizio al Paese. La scelta di Berlusconi realizza un buon equilibrio tra gli interessi del paese e i suoi interessi politici. Se avesse fatto cadere il governo, avrebbe avuto la responsabilità di una crisi, non avrebbe avuto le elezioni e si sarebbe trovato un governo a lui avverso.
Del resto, è un leader troppo accorto per non capire che avventate intemperanze avrebbero messo a serio rischio i segnali positivi che si vedono all'orizzonte dell'economia. E con un'economia che va male non si ottengono voti. Adesso, il governo continua e la politica continua. Certo non mancheranno momenti d'attrito. L'aumento dell'aliquota Iva arriva nel momento meno opportuno: sia dal punto di vista politico perché riaccende le spinte anti-europee, sia commerciali per le proteste di tutte le categorie produttive. In ogni caso Berlusconi ha mantenuto il suo ruolo istituzionale. Ha fatto un passo fuori dalle aule parlamentari e uno avanti dal punto vista politico, avendo lanciato per la seconda volta il marchio Forza Italia. Saranno poi gli elettori a giudicare la bontà della nuova offerta politica: sarà migliore o peggiore della precedente edizione? Si vedrà.
Ora conta dell'altro. Perché il discorso del Cavaliere rilancia la palla sul campo dei partner della coalizione. La maggioranza è inquieta ma per il momento il Pdl non ha nessuna intenzione di mettere la dinamite. E il Pd? È noto che il partito è attraversato da profonde lacerazioni. È anche noto che Renzi e i suoi seguaci scalpitano. Sanno che il tempo lavora contro di loro. Erano la novità assoluta l'anno scorso quando issavano le bandiere del rottamatore. Sono ancora spendibili oggi come elemento di rottura degli antichi equilibri. E domani? Come diceva Andreotti «Il potere logora chi non ce l'ha». Una definizione che sembra scritta su misura per il sindaco di Firenze. Il Cavaliere ha mostrato grande senso di responsabilità garantendo la continuità del governo. Dobbiamo sperare che la lezione valga anche per gli altri.
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