Il Palermo cresce, a piccoli passi, ma cresce. Lo dice la classifica. Sette punti sono già una buona media. Gattuso non rinuncia al suo modello e per un’ora è noia. Le cifre dei primi 45 minuti sono: un tiro in porta, tre soli palloni catturati , ma soprattutto13 palle perse, segnale di grande imprecisione. Nonostante il pallino del gioco in mano, Di Gennaro, Dybala e Stevanovic sono zanzare nella muraglia cesenate ed Hernandez è abbandonato al suo destino.
Paradossalmente la sveglia la dà, anche alla panchina, l’errore di Morganella che prende in contropiede Munoz e serve involontariamente la palla su un piatto d’argento al Cesena per andare in vantaggio. E a questo punto che Gattuso rompe gli indugi: fuori Di Gennaro, dentro Lafferty. E l’irlandese risulta subito decisivo.
Il migliore dei rosa è stato Munoz, non ha sbagliato un intervento, i più imprecisi Morganella e Pisano, che al contrario ne hanno azzeccate poche. Questo rende complicato l’uso delle fasce. E non è un problema da poco. Se le verticalizzazioni non riescono e le fasce non funzionano, come si fa a trovare la via del gol ? Va un po’ meglio quando entra Daprelà, ma solo perché a sinistra la sua presenza è più consona.
Significativa invece quella di Barreto, metronomo tutto fare, con a fianco un Bolzoni inesauribile.
Qualche timido progresso di Dybala, soprattutto quando esce Di Gennaro. Gli spazi intasati non fanno per lui, e sotto rete sembra il primo Cavani, precipitoso e approssimativo.
Nonostante i tentativi di dare un gioco corale, la differenza ieri l’hanno fatta ancora i gesti individuali. Pareggio e rete della vittoria, sono arrivati su calci piazzati. Questa è la vera risorsa del Palermo alla ricerca della sua identità.