La Cassazione conferma la condanna di Silvio Berlusconi, già decisa dai giudici di Milano. La sentenza è esecutiva. E sono definitive le misure che restringono la libertà personale. Non sappiamo ancora se i servizi sociali o gli arresti domiciliari. In un paese normale il caso dovrebbe chiudersi. Ma tutto resta aperto invece. E nuovi conflitti sono destinati ad aggiungersi ai vecchi, in un percorso oscuro e senza fine. L’Italia è fuori dalla normalità. Perché non sono normali nè la giustizia nè la politica. E’ questo il punto di cui discutere oggi.
Non è normale la giustizia perché i processi si svolgono nelle piazze mediatiche e sono al centro dello scontro politico. Non è normale perché una denuncia in tal senso è venuta dal livello più alto delle nostre istituzioni. Citiamo solo tre capi di stato. Nel ‘85 Francesco Cossiga blocca un consiglio superiore della magistratura giustamente ritenuto “straripante” , perche sul punto di aprire una polemica aperta contro il Presidente Bettino Craxi . Carlo Azeglio Ciampi, alla fine degli anni 90, mette al centro del suo settennato l’esigenza del giusto processo, perché i nostri meccanismi giudiziari non erano e non sono propriamente giusti. Giorgio Napolitano ha spesso invitato i magistrati a non attribuirsi "missioni improprie “ e a rifuggire da visioni autoreferenziali ( Aprile 2010) . Allora, può dirsi normale la giustizia, quando tre capi di stato intervengono per impedire straripamenti di ruolo , o per sollecitare correzioni di comportamenti così discutibili ? Non lo è.
La nostra giustizia, lo sappiamo, è ingiusta perche ha tempi lunghi che finiscono col negarla. E’ segnata in modo marcato da uno squilibrio tra accusa e difesa a favore della prima. Ci sono eccessi di interpretazione delle norme che producono incertezza del diritto e dei diritti. È troppo viziata da protagonismi dei suoi addetti, che talora o spesso, sono in contrasto con ogni spirito di imparzialità. Protagonismi, è il caso di aggiungere , colpevolmente alimentati dagli organi di informazione . Ai quali pure è giusto chiedere riflessioni profonde sul suo ruolo. L'articolo 111 della Costituzione, stabilisce che ” la persona accusata di un reato sia… informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa”. Proprio cosi “riservatamente”. Succede mai?
Ma qui l'anormalità della giustizia si intreccia con quella della politica. L’alto numero di processi subiti e di assoluzioni , quanto la loro enfasi , danno a Silvio Berlusconi fondate ragioni di protesta e di critica . Ma un leader del suo livello, sostenuto da maggioranze parlamentari che hanno pochi precedenti, avrebbe dovuto condurre in porto riforme rigorose ed efficaci. Non lo ha fatto. Ha spesso utilizzato il suo peso per creare inciampi con lacci e leggine ai giudici che lo perseguivano. Un errore. Inseguendo lacci e leggine ha messo in imbarazzo i suoi partners istituzionali, rendendo poi impossibile un ponte con quella magistratura che le riforme avrebbe voluto e sostenuto contro le minoranze rumorose e rissose che si agitavano e si agitano al suo interno. Ma agli errori di destra rispondeva con i propri errori la sinistra. Che metteva i bastoni tra le ruote di ogni riformismo pensando di ottenere, senza riuscirci mai, vantaggi elettorali di rilievo attraverso improprie alleanze con i giudici.
Adesso da questi errori del Cavaliere e contro il cavaliere , si giunge al disastro attuale .Una giustizia in crisi che si intreccia con la crisi dei partititi ancora incapaci di trovare intese forti per una politica di riforme. Vediamo adesso , dopo la sentenza (di cui aspettiamo non senza curiosità le motivazioni), Giorgio Napolitano scendere in campo per sollecitare “coesione sui temi istituzionali” e sulla riforma della giustizia. Coesione, appunto. Non possiamo che sollecitarla anche noi. Ma non ci facciamo illusioni. Il corso delle cose sembra segnato. Un Berlusconi condannato agli arresti in casa , o altrove , consolida la sua leadership sul Pdl che farà quadrato attorno a lui. Il partito democratico entra invece fatalmente in una fase di difficoltà gravi. Al suo interno le tensioni aumenteranno: può reggere, in un partito condizionato dall'antiberlusconismo come unico collante, la permanenza in una alleanza con un partito che ha in Berlusconi condannato il suo leader assoluto? C’è da sperarlo, ma con una certa disperazione .
Il gioco si sposta , al solito, sul capo dello stato. Non è nell’interesse generale la caduta di questo governo. Non possono spegnersi sotto le piogge dell’instabilità , quei piccoli bagliori di ripresa economica che già si delineano in un paese stremato dalla crisi. Napolitano, conoscendolo, insisterà su questo punto con determinazione estrema. Ricordando peraltro che è del tutto inutile andare a nuove elezioni senza aver prima condotto in porto le riforme promesse (da lui tramite questo governo), a cominciare da quella elettorale. Sapranno i partiti ascoltarlo , decidendo di mettere il governo al riparo dai problemi interni, dal momento che ciascuno deve adesso ridefinire gli equilibri del potere? Crediamo che ciascuno deve impegnarsi a farlo. E ci riuscirà tanto più quanto saprá interpretare la stanchezza di un paese che rischia di affondare nella crisi, mentre nessuno dei leader in campo riesce a sfondare nei consensi.
Il Cavaliere fra gli errori e il problema giustizia
Un leader come Berlusconi avrebbe dovuto condurre in porto riforme rigorose e forti. Non lo ha fatto. Ha spesso utilizzato il suo peso per creare inciampi, con leggi e leggine, ai giudici che lo perseguivano. Sbagliato
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