Perché la macchina pubblica in Sicilia avanza con tanta fatica? Sarebbe facile indugiare nei diffusi luoghi comuni sulle inefficienze della Regione o di altri enti locali. Ma la questione in realtà è più complessa, dal momento che in Sicilia arranca anche la macchina statale, che per definizione dovrebbe assicurare, invece, un livello omogeneo di prestazioni tra il nord ed il sud del nostro Paese. Eppure il più delle volte non è così. Un esempio arriva dall'istruzione, dove è lo Stato a garantire la regia unica, ma dove tuttavia si registrano livelli di preparazione degli studenti fortemente differenziati da una regione all'altra. Un fenomeno analogo si verifica anche nella gestione della giustizia; in Sicilia ad esempio un processo civile richiede tempi decisamente più lunghi che in altre regioni. E che dire delle grandi infrastrutture ferroviarie che tocca allo Stato realizzare? In Veneto vanno verso il quarto binario ed in Sicilia ci sogniamo il raddoppio della Palermo Messina. Persino gli autovelox, i rilevatori degli eccessi di velocità, si diradano mano a mano che dal nord si «scende» verso sud. Ma lasciamo il quesito iniziale ai sociologi ed occupiamoci del diverso grado di apprendimento tra gli studenti italiani. Come ogni anno l'Invalsi effettua nelle scuole un test di apprendimento; l'Invalsi è un ente di diritto pubblico la cui missione è quella di valutare il sistema educativo dell'istruzione. I dati emersi dal rapporto di quest'anno riguardano le prove svolte fino ad un mese fa, per misurare la preparazione degli studenti in italiano ed in matematica. Le prove erano rivolte alle seconde ed alle quinte elementari, alle prime e terze medie ed alle classi del secondo anno dell'istruzione superiore. Trovano conferma, anche quest'anno, marcate differenze territoriali: i risultati sono infatti assai meno soddisfacenti nelle regioni del Mezzogiorno (con Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata che però vanno meglio) e con un divario territoriale che tende a crescere lungo il corso degli studi. Questo schema (nord bene, sud male) è del tutto coerente con quanto viene evidenziato anche dalle maggiori indagini internazionali. Si tratta delle indagini realizzate dalla IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement) e che hanno come obiettivo la rilevazione in quasi 60 diversi Paesi del mondo del livello di apprendimento in lettura, matematica e scienze. Il confronto internazionale vede l'Italia collocarsi nella media, senza grandi performance negative ma, purtroppo, anche senza evidenziare alcuna eccellenza. Ad eccellere sono invece i Paesi orientali, come Singapore, Corea del Sud, Taipei Cinese, Hong Kong e Giappone. Per usare una terminologia oggi molto di moda, i sentiment sui test Invalsi vedono prevalere in Sicilia i giudizi critici, specie da parte degli studenti, che considerano i test molto difficili, e degli insegnanti, che addossano ogni responsabilità al contesto socio economico. Senza nulla togliere alle giuste motivazioni degli uni come degli altri, si potrebbe osservare però che i test sono gli stessi in tutta Italia e che la Sicilia arriva ben ultima, persino dopo la Calabria o la Campania che, certo, in termini di disagio socio-economico hanno ben poco da invidiarci. Ma forse la risposta più sensata è quella che arriva dallo stesso ministro dell'istruzione, Maria Chiara Carrozza, la quale ha escluso che i test possano rappresentare «il giudizio di Dio» per poi precisare che «valutare e valutarci ci dà l'opportunità di conoscere meglio quello che siamo». Se consideriamo ad esempio gli esiti dei test Invalsi in italiano riservati alle terze medie, gli studenti siciliani occupano l'ultima posizione tra le regioni italiane, con un punteggio medio pari a 183, mentre gli studenti della Lombardia arrivano a 209 e la media nazionale si colloca a 200. Non difforme la situazione nei test di matematica che vedono la Sicilia, con il punteggio di 182, condividere ex aequo l'ultimo posto in graduatoria con la Calabria, ma con uno scarto ancora maggiore rispetto alla Lombardia, che si attesta al valore di 212. Già con il prossimo mese di settembre i risultati dei test Invalsi saranno forniti a tutte le scuole italiane; lo scopo è quello di stimolare processi di autovalutazione. Nel Sistema Nazionale, scrive Paolo Sestito commissario Invalsi, si auspica che le scuole riflettano sui processi organizzativi e didattici in essere al proprio interno, per verificarne l'adeguatezza al contesto entro cui operano e migliorare gli esiti formativi dei propri alunni. In questa direzione, scrive ancora Sestito, molti sono gli strumenti tecnici ancora da predisporre: dai criteri per l'identificazione delle scuole in condizioni critiche, alla costruzione di indicatori statistici atti a meglio caratterizzare, anche in maniera comparata, il contesto entro cui le singole scuole operano. La «restituzione» dei risultati delle rilevazioni alle singole scuole non esaurisce quindi il da farsi; ne rappresenta però un primo importante passo, a cui se ne aggiungeranno nei mesi successivi altri, utili a meglio caratterizzare la performance delle singole scuole. Con una scelta che non trova molti esempi nella pubblica amministrazione italiana, l'Invalsi ha deciso di autorizzare la singola scuola a diffondere, se lo ritiene opportuno, i risultati dei test per quella stessa scuola; ma, ed è qui la vera novità, contestualmente Invalsi si riserva di rendere pubblica una scheda sulla stessa scuola, realizzata con criteri standard e «senza omettere le cose meno piacevoli a favore di quelle più lusinghiere». Quanto importante sarebbe se questo metodo fosse applicato ad altri servizi pubblici; quanto sarebbe utile alla collettività sapere, ad esempio, che il comune «x» impiega tot giorni per l'autorizzazione all'avvio di una impresa, mentre al comune «y» ne servono molto meno. Certo se poi scopriamo che secondo l'ultimo censimento Istat l'unica tipologia di imprese che è riuscita in Sicilia a raddoppiare il numero degli addetti è quella dei rifiuti, allora certe idee vanno relegate nell'ambito della fantascienza.