PALERMO. Ha appena due mesi di vita e già il governo Letta è entrato in fibrillazione. Alcuni giornali vicini al centro-destra, come «Libero» e «Il Giornale» hanno addirittura iniziato il conto alla rovescia segnando i giorni (meno di dieci) che mancano all'inevitabile crisi. La scadenza è l'1 luglio con lo scatto dell'Iva al 22%. Ma non solo: c'è il problema dell'Imu e, in prospettiva un'economia che stenta a riprendersi. Davvero la crisi è così vicina? Lo chiediamo a Gaetano Quagliariello esponente del Pdl e, soprattutto ministro delle Riforme Istituzionali. Dai suoi uffici dipende il cammino della nuova Costituzione considerato l'appuntamento più importante dell'intera legislatura.
AUTOREVOLI COMMENTATORI ORMAI CONSIDERANO IL VOSTRO COME IL GOVERNO DEL «NON FARE». QUALCUNO, CON INDUBBIA IRONIA, HA DETTO CHE SE ENRICO LETTA FOSSE VENTI CENTIMETRI PIÙ BASSO SAREBBE LA PERFETTA REPLICA A PALAZZO CHIGI DI MARIANO RUMOR, CAPO DEL DOROTEISMO DEMOCRISTIANO RESO FAMOSO PER LA SUA CAPACITÀ DI NON DECIDERE MAI. CHE COSA NE PENSA?
«Mi sembra un giudizio ingeneroso. Il governo ha solo sessanta giorni di vita e di cose ne ha fatte. La cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti, le semplificazioni amministrative, le riforme contenute nel cosiddetto decreto del Fare. Abbiamo avviato il percorso delle riforme istituzionali di cui ho diretta competenza. Alcuni, addirittura mi hanno accusato di essere stato fin troppo veloce perché il tema meritava ancora approfondimenti. Come vede il giudizio non è unanime, e soprattutto è contraddittorio!».
COME LA METTIAMO CON IL CONTO ALLA ROVESCIA SUI GIORNI CHE MANCANO ALLA CADUTA DEL GOVERNO: FRA L'ALTRO SONO PUNZECCHIATURE CHE ARRIVANO DAI GIORNALI MOLTO VICINI AL CENTRO-DESTRA E QUINDI AL PDL DI CUI LEI STESSO È ESPONENTE DI PRIMO PIANO.
«Abbiamo tre emergenze: evitare l'aumento dell'Iva, la rimodulazione dell'Imu e il lavoro. Bisogna trovare una soluzione che raggiunga il punto d'equilibrio fra opposte necessità: da una parte evitare una nuova caduta dei consumi, intervenire sulle tasse, creare misure per l'occupazione. Dall'altra un sostanziale rispetto dei vincoli europei che ci assicuri forza contrattuale».
C'È SEMPRE UNA POSSIBILITÀ CHE QUESTO GOVERNO NON SEMBRA NEMMENO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE: PERCHÉ NON COMINCIATE A TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA?
«Anche questa mi sembra una critica strumentale. Noi siamo in piena emergenza. Come ricordava lei stesso citando i titoli dei giornali abbiamo pochi giorni per trovare una soluzione. I tagli di spesa sono fondamentali ma richiedono tempi lunghi prima di dare frutti. Risposte importanti potranno arrivare dalla revisione del Titolo V. Servono però risposte immediate. Se le troveremo, guadagneremo un orizzonte più ampio e dovremo porci anche il problema di uno scenario internazionale in cui il Giappone continua a immettere moneta sul mercato, gli Stati Uniti dopo averlo fatto si sono fermati, e l'Europa sembra statica e incurante dei cambiamenti».
MA FORSE QUESTO GOVERNO NON AVRÀ UN RESPIRO COSÌ LUNGO. INCOMBE LA QUESTIONE GIUSTIZIA. BERLUSCONI NON HA VOLUTO DRAMMATIZZARE LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE. TUTTAVIA STA PER ARRIVARE LA SENTENZA SUL PROCESSO RUBY. DOPO L'ESTATE CI SARÀ LA CASSAZIONE SU MEDIASET CHE POTREBBE ADDIRITTURA PORRE TERMINE ALLA CARRIERA POLITICA DEL CAVALIERE CON L'INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI: LA MAGGIORANZA USCIRÀ INDENNE DA QUESTA TEMPESTA?
«Responsabilmente il presidente Berlusconi ha distinto il governo dai suoi processi. Ma come dimenticare che si tratta del leader del centrodestra, riconosciuto da milioni di elettori. Dunque, se il governo non vuole fare la fine di quelli precedenti deve affrontare il nodo dell'equilibrio fra i poteri che non riguarda solo i ministri del Pdl ma l'intero esecutivo. Dopo questa sentenza della Corte, il problema per la stabilità del Paese si pone con molta più urgenza».
E IL PD COME REAGIRÀ?
«Credo che dovrebbero fare una riflessione importante in materia. Non dobbiamo dimenticare che anche l'ultimo governo Prodi, pur con tutte le grande difficoltà che aveva incontrato sul programma, non cadde per un voto di sfiducia ma per l'intervento della magistratura. Bisogna porre termine al conflitto fra politica e giustizia che dal 1992 avvelena la democrazia italiana».
COME?
«Nel documento degli esperti che erano stati chiamati dal Presidente Napolitano ci sono delle soluzioni interessanti. Vale la pensa rileggere attentamente quelle pagine anche se resterà deluso chi spera di trovare la bacchetta magica che risolve il problema».
E ALLORA?
«Il documento ha descritto un percorso che andrebbe esplorato per restituire almeno in parte equilibrio nei rapporti fra giustizia e politica. Certo serve tempo, ma la strada è quella. Fra l'altro posso assicurare che l'esigenza di normalizzazione è sentita anche da vasti strati dell'ordine giudiziario. La maggior parte dei magistrati chiede di lavorare senza la preoccupazione che ogni sentenza venga letta in chiave di schieramento. Non voglio scomodare la ragion di Stato ma è evidente che per tirare fuori l'Italia da questa situazione un grosso sforzo di responsabilità toccherebbe a tutti».
LE RIFORME ISTITUZIONALI NON SERVONO ANCHE PER QUESTO?
«La decisione di chiudere l'iter delle riforme con un referendum confermativo serve proprio a legittimare il nuovo patto tra il Paese e la classe politica. Non a caso il governo ha rispettato la centralità del Parlamento in tutti i passaggi della riforma».
E LA COMMISSIONE DI SAGGI CHE C'ENTRA CON IL PARLAMENTO?
«Su questo argomento sono state fatte fin troppe polemiche strumentali. Si tratta di un gruppo di lavoro di grandi esperti che rappresentano scuole ed estrazioni giuridiche molto differenti. Il loro lavoro serve a creare un clima di fiducia reciproca e ad arricchire i contenuti. Non certo a marginalizzare la funzione del Parlamento che resta assolutamente centrale»