La protesta dei laboratori clinici è inammissibile. Non perché non abbiano le loro ragioni. Ce ne sono (come riferiamo nelle cronache) e devono essere discusse. Ma per i metodi che sono stati scelti. I quali penalizzano in primo luogo i cittadini. Tanto più grave in questo caso perché le conseguenze ricadono su malati, anziani e, in generale, persone con problemi sanitari. Fasce deboli della popolazione. Inaccettabile. Ancor di più se a protestare sono professionisti della salute come medici e biologi. Scaricare le prestazioni sulle strutture pubbliche è pura ipocrisia.
Tutti, purtroppo, conosciamo le fragilità della sanità statale nell’Isola. Come aggravante il fatto che, nella vertenza sui laboratori, non è nemmeno la Regione ad avere titolo per essere controparte. Il nuovo tariffario, infatti, deriva da una legge nazionale che applica i criteri della spending review. Sappiamo tutti che i tagli sono dolorosi. Tuttavia le condizioni del bilancio pubblico sono quelle che sono ed è inevitabile che, a turno, una certa dose di sacrifici tocchi a ciascuno di noi. La sanità non può restare indenne visto il volume di spesa pubblica che assorbe.
La Regione Siciliana sta cercando di mediare con le necessità dei centri di analisi, dilatando fino ai limiti del possibile gli spazi normativi. L’assessorato, per venire incontro alle ragioni della protesta, sta applicando o propone delle maggiorazioni. Resta il fatto che in altre cinque regioni il nuovo tariffario è stato applicato senza che si sentisse un lamento. Una differenza che deve far riflettere. Già Palazzo d’Orleans ha fatto uno strappo consentendo una moratoria sui rimborsi ordinati dal Tar perché le tariffe applicate dalla sanità in Sicilia sono più alte della media nazionale. Lo squilibrio risale al 2007. Un atteggiamento più rigoroso da parte dell’amministrazione avrebbe imposto un bel salasso immediato di arretrati all’industria della salute nell’isola.
Di fronte a tanta disponibilità sarebbe stato opportuno che anche i titolari dei centri medici avessero mostrato flessibilità. Andare allo scontro non serve a nessuno visto che a pagare sono i pazienti. Ma serve ancor meno all’intera sanità privata. Perché poi bisogna interrogarsi sull’efficienza delle strutture. Come mai in Lombardia o nel Lazio operano solo poche grandi imprese e invece in Sicilia c’è la proliferazione di cliniche, centri medici, laboratori? Perché le tariffe giudicate remunerative a Milano diventano un cappio a Palermo? Perché poi siamo sempre tutti molto attenti a condannare gli sprechi degli ospedali pubblici. E la sanità privata? Ridurre il numero delle cliniche, concentrare i laboratori di analisi, diffondere gli ambulatori polifunzionali per rendere disponibili professionalità d’eccellenza e abbattere i costi, darebbe un bel contributo al miglioramento. Sia dal punto di vista sanitario che economico. Si scelga allora Il metodo del confronto che può essere duro, aspro nella contrapposizione con le istituzioni da cui si aspettano le risposte. Ma tutti si impegnino ad evitare che i deboli debbano pagare più dei forti.
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