In Francia c’è l’ipotesi di una tassa su smartphone, tablet e qualsiasi congegno online per salvare l’industria culturale. Chi naviga non paga la raccolta di informazioni sul web. Questa imposta potrebbe essere una forma di risarcimento danni, una tassa sul «risparmio» di cui usufruiscono gli internauti.
L'industria culturale è in crisi, minacciata da download illegali e pirateria. Per difenderla spunta in Francia l'ipotesi di tassare l'acquisto di smartphone e tablet. L'idea è contenuta in un rapporto commissionato 10 mesi fa dal presidente François Hollande a un gruppo di lavoro guidato da Pierre Lescure, giornalista manager, fondatore di Canal Plus e direttore del Théâtre Marigny. La relazione dovrebbe essere consegnata in questi giorni. Il ricavato della tassa andrà a sostegno della musica, del cinema e delle case editrici di libri e giornali.
Perché il problema è generale e non riguarda solo la fruizione illegale delle produzioni intellettuali. Siamo nel campo del reato penale e, come tale, meritevole di punizione. Ovviamente c'è il problema di fondo che riguarda la difesa dei contenuti che vengono veicolati su internet. C'è già stato il braccio di ferro tra gli editori e Google. Gli algoritmi del motore di ricerca riescono a catturare, gratuitamente, materiale molto costoso. Perché sarà bene mettersi d'accordo su un elemento: realizzare un film, comporre musica, scrivere libri e articoli di giornale è un'attività che impegna la mente degli autori (tanto più costosi quanto migliore è il prodotto). Ma richiede anche considerevoli investimenti economici. Nulla è gratis. Tanto più il lavoro è esclusivo, sofisticato, ed efficace tanto più alto è il suo valore. Offrirlo su internet a costo zero significa il progressivo svilimento dei contenuti. La qualità ha un prezzo direttamente proporzionale al livello che raggiunge.
Invece ci sono in giro i talebani del web gratis. Eredi digitali di tanti rivoluzionari immaginari che quarant'anni fa perdevano tempo su «nuovi modelli di produzione». La realtà invece non fa sconti. Certo gli inventori di internet, di cui in questi giorni ricorre l'anniversario, ebbero la grande generosità di offrire gratuitamente il protocollo all'umanità. Si accontentarono del loro stipendio di ricercatori al Cern di Ginevra. Avessero tenuto il brevetto sarebbero diventati miliardari? Nessuno può dirlo con assoluta certezza. Gran parte del successo di internet è frutto proprio della libertà di accesso. In ogni caso bisogna separare la tecnologia dai contenuti. Senza dimenticare che gli investimenti costano e la concorrenza sleale non aiuta nessuno. Le aziende scippate delle loro produzioni chiuderanno e sulla rete si diffonderà materiale scadente e assolutamente inaffidabile. Sarà una tassa, come quella cui stanno pensando i francesi, a invertire il trend? In genere non ci piace l’introduzione di nuove tasse. Ma chi naviga con tablet e smartphone di fatto ha modo di non pagare la raccolta di informazioni sul web. E allora questa imposta consideriamola come una forma di risarcimento danni, una tassa sul ”risparmio” di cui usufruiscono gli internauti.
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