Nulla di paragonabile, fortunatamente, con la tragedia del 16 marzo 1978. Allora, come oggi, stava per insediarsi un governo di larghe intese tra forze politiche per decenni contrapposte. Quella mattina, in via Fani, le Brigate Rosse portarono al livello più alto la sfida allo Stato. Ieri a Piazza Colonna si è solo scaricata una rabbia isolata. Un disperato, forse non del tutto sano di mente (voci e smentite si sono susseguite), rimasto pure senza lavoro. Un disagio psichico certamente alimentato dal clima politico che si respira nel Paese.
Quando il livello di scontro fra i partiti supera certi livelli diventa più facile per qualche angoscia individuale sfociare in gesti estremi che vogliono essere deliranti segni del riscatto universale.Noi non vogliamo alimentare nuovi veleni. Non riteniamo che ci sia un rapporto diretto di causa ed effetto tra certe intemperanze del mondo politico e i colpi di pistola di ieri. La disperazione dell’attentatore avrebbe, comunque, trovato modo di esprimersi. L’avrebbe fatto magari solo contro se stesso se è vero, come sostengono gli inquirenti, che la conclusione della tragedia, secondo la confessione, era il suicidio. Il caricatore vuoto ha fermato la mano.
Quanto accaduto ieri deve essere l’occasione per una riflessione che faccia abbassare la temperatura politica. Meno urla e più ragionamento. Spazio ai programmi, non alla demagogia. Grillo ha promesso, già da qualche settimana, di evitare il turpiloquio. Speriamo che mantenga a lungo l’impegno. Il confronto deve rientrare nel solco della dialettica civile. Se un merito avrà la maggioranza appena nata sarà proprio quello di contribuire a spegnere i toni. Addebitare la crisi all’incapacità della politica è molto facile. Ma anche sterile. Trascura che solo la politica può aiutarci a venirne fuori. Vuol dire che tutti devono fare la propria parte avendo senso dello Stato e alta responsabilità. Il governo prima di tutto avviando finalmente una politica di rilancio dell’economia pur nel rispetto dei vincoli europei. Poi i partiti uscendo dai palazzi e dal loro rancore e tornando sul territorio. Fra la gente per ricominciare a farsi apprezzare. Poi i sindacati che devono rientrare nelle fabbriche cercando di incanalare il disagio verso una soluzione. Non certo alimentando l’antagonismo, men che mai anacronistiche lotte di classe. Trentacinque anni fa Luciano Lama ed Enrico Berlinguer difesero lo Stato facendo fronte comune con i "padroni" e con la Dc. Erano tempi di ferro. Ma quelli di oggi non sono certo di velluto. [email protected]
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