PALERMO. Un piano industriale per il rilancio industriale della Sicilia: un obbligo se la Regione vuole recuperare i punti di forza del territorio. La proposta arriva da Antonello Montante, presidente della Confindustria regionale e delegato nazionale per la legalità. «Serve una cabina di lavoro che metta insieme la giunta, i sindacati e le associazioni di categoria, per individuare politiche di investimento e nuovi strumenti finanziari».
UN PROGRAMMA VASTO E DIFFICILE, NON TROVA?
«Certo, ma è quello che serve. Bisogna segnare un punto di svolta rispetto alla politica di austerità seguita finora sia a livello locale che nazionale. È giusto tagliare le spese, abolire i carrozzoni mangia-soldi, eliminare gli sprechi, smetterla con le nomine fatte seguendo logiche dell'appartenenza politica se non addirittura familiare. Bisogna guardare avanti. Servono investimenti in capitale fisso ma soprattutto in capitale umano. Troppi giovani vanno via: dalla Sicilia e dall'Italia. Purtroppo quelli che scappano sono le risorse migliori. Bisogna trovare il modo di farli tornare».
COME?
«Seguendo gli esempi migliori a livello internazionale. Gli Stati Uniti, il Giappone, l'India che mandano i giovani più promettenti a formarsi all'estero. Poi trovano il modo di farli rientrare con un bagaglio culturale e di conoscenze arricchito dalle migliori esperienze internazionali».
GIÀ MA PER FAR QUELLO CHE DICE BISOGNA RIMETTERE IN MOTO IL CICLO DELLO SVILUPPO. IN ITALIA INVECE SIAMO IN DECRESCITA DA CINQUE ANNI. NON PARLIAMO POI DELLA SICILIA. E ALLORA?
«È proprio per questo che io penso ad un piano industriale per la regione. Bisogna attrarre nuovi investimenti, rendere l'ambiente economico attrattivo per le imprese. Alcuni ostacoli sono stati rimossi. Andiamo avanti».
QUALI OSTACOLI SONO STATI RIMOSSI?
«Penso per esempio alla legalità. La lotta alla mafia ha ottenuto risultati importanti. L'intervento dello Stato è stato efficace e molte incrostazioni sono state estirpate. Il governo Crocetta ha dato segnali di novità. Molto è stato fatto. Molto, però, ancora resta da fare».
PER ESEMPIO?
«Per esempio nella lotta all'affarismo e alla corruzione nella burocrazia. Gli uffici devono tornare ad essere un servizio al cittadino. Un esempio di legalità. In questo senso negli ultimi mesi sono stati fatti importanti passi avanti per eliminare rendite di posizione e clientelismi deteriori. Per rendere l'operazione ancora più efficace, però, è necessario che la Regione trovi un maggior coordinamento con le forze dello Stato. Il gioco a scavalcare i ruoli non serve a nessuno. Anzi toglie incisività all'azione di bonifica».
UNA CRITICA ALLA RIVOLUZIONE IMPOSTA DA CROCETTA ALL'ALTA DIRIGENZA DEGLI ASSESSORATI?
«Assolutamente no. Dico soltanto che la battaglia per l'efficienza della macchina amministrativa è una partita centrale per il rilancio della Sicilia. Serve coordinamento e condivisione per non creare sacche di resistenza nocive».
DA QUI LA PROPOSTA DI CREARE LA FAMOSA «CABINA DI LAVORO»?
«Proprio così. Bisogna mobilitare le forze migliori della Sicilia nella politica, nelle organizzazioni imprenditoriali, nel sindacato per creare modelli virtuosi di sviluppo capaci di attrarre imprese e nuovi investimenti. Ovviamente nel rispetto costante della legalità».
DA DOVE COMINCIARE?
«Innanzitutto da un piano incisivo di comunicazione. Occorre spiegare che la Sicilia è diventata una terra d'attrazione per gli investimenti. Non ci saranno più scelte contrarie all'impresa e alla sua diffusione sul territorio. Bisogna propagandare i miglioramenti avvenuti per ribaltare l'immagine dell'Isola che oggi è pessima a tutti i livelli. Ci sono stati cambiamenti significativi e si sono formate eccellenze produttive che devono essere valorizzate e conosciute. Non siamo più gli ultimi della classe ed è giunto il momento di farlo sapere in giro».
E QUALI SONO QUESTE ECCELLENZE DA COMUNICARE PER ATTRARRE NUOVI INVESTIMENTI?
«Sono le bellezze ambientali e paesaggistiche, i monumenti su cui incardinare il turismo. Le risorse della terra da cui far nascere una valida industria di trasformazione com'è avvenuto con il vino. Il sole e il vento, per lo sviluppo delle energie alternative. Vede io dico sempre che la Sicilia è come una grande azienda che ha tutto pronto per cominciare a lavorare: ha lo stabilimento, gli impianti, gli uomini, la tecnologia e anche i clienti (a cominciare dai turisti). Serve solo la comunicazione di inizio attività».
I MEDIA CHE COSA DOVREBBERO COMUNICARE?
«Innanzitutto che non verrà più fermato nessun tipo di investimento già programmato. Soprattutto se il blocco è dettato da ragioni di natura ideologica. Bisogna mettere al primo posto lo sviluppo e il lavoro. Proprio per questo, a mio parere sono necessarie almeno altre due cose».
QUALI?
«Un coordinamento tra gli assessorati, coordinati dal presidente per individuare la lista degli investimenti che si possono sbloccare subito. La task force dovrebbe dedicarsi, in particolare, ai piccoli appalti già finanziati e pronti a partire. A bloccarli, in genere, sono cavilli burocratici. Serve una ricognizione puntuale per rimuovere gli ostacoli. Inoltre serve un fondo rotativo per finanziare il capitale circolante delle imprese. Una disponibilità di rapido utilizzo perché altrimenti rischiano di morire le imprese di crediti non incassati, il famoso credit crunch. Un ragionamento a parte, infine, merita il precariato».
CIOÈ?
«Si tratta di ventimila persone che devono essere riqualificate e inserite stabilmente nel mondo del lavoro. Un'idea potrebbe essere quella di scegliere i migliori per la cura dei beni culturali: musei, siti archeologici, monumenti. Ma in funzione attiva e produttiva dotandoli di adeguata professionalità».
POI?
«Poi c'è la protezione dei marchi storici e il marketing territoriale. La chiusura di un'azienda è sempre una sconfitta e un impoverimento. Tanto più quando si tratta di imprese che hanno una lunga tradizione alle spalle».
PER CONCLUDERE: UN GIUDIZIO SUI PRIMI MESI DEL GOVERNO CROCETTA?
«Le luci, fino a questo momento, prevalgono sulle ombre. Mi auguro che prosegua sulla strada del risanamento come ha fatto finora. Per un uomo pubblico il rigore e la sobrietà sono un imperativo categorico. Spero proprio che non commetta gli errori dei suoi predecessori. Per questo è utile che esamini la loro attività per non inciampare. Purtroppo un rischio che in Sicilia corrono tutti gli uomini pubblici».
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