Già nel maggio scorso, Grillo diceva a Gian Antonio Stella su Sette: «Erano tutti convinti che fossimo un pulviscolo al 2 o 3%. Ma noi vogliamo arrivare al 100% perché non è una questione di partito. Vogliamo che cambi la società intera. Vogliamo una rivoluzione culturale al 100%». Grillo non c’è arrivato.
Ma è il primo partito ed è ora costretto a muoversi tra consapevolezza e sogno. Le ultime contorsioni fanno parte di questo percorso. Grillo dice al tedesco Focus che appoggerebbe un governo costituito da Pd e Pdl. Purchè si impegni su tre punti: modifica legge elettorale, cancellazione dei rimborsi, durata massima di due legislature per ogni parlamentare. Poi diffonde in Italia una dichiarazione: non daremo la fiducia ad un governo costituito da Pd e Pdl. E allora? Aggiunge che voterà i provvedimenti che di quel governo può condividere ma senza votargli la fiducia. Ma nessun governo, senza la fiducia, può nascere e dunque non ci sarebbero provvedimenti da poter condividere. Incongruenze? Svarioni costituzionali? Forse, semplicemente, siamo a prove di soluzione, oscillando tra consapevolezza e sogno. Nel quadro, «la fiducia» è questione costituzionale cruciale. Ma lessicalmente superabile. Nella storia della repubblica abbiamo visto governi sostenuti da «non sfiducia» o «fiducia tecnica», ossia espedienti per consentire la formazione del governo senza effettivamente volerlo.
Il punto è un altro. Pur sognando il 100%, c'è in Grillo una sicura consapevolezza della crisi reale e di questa sembra frutto l'intervista a Focus. Dice infatti che «siamo schiacciati, non dall'euro ma dai nostri debiti». Il che significa che il problema resterebbe anche uscendo dall'euro (cosa che Grillo, a giorni alterni, prospetta per poi correggere). Dice che con «100 miliardi» di interessi da pagare abbiamo ben poche speranze. Ma non vuole rotture con l'Europa. Vuol rinegoziare il debito. Ossia vuole «aiuti dall'Europa». Del resto chi può ignorare il quadro agghiacciante descritto dall’Istat, di un’Italia soffocata dal debito (127% del Pil), sopraffatta dalle tasse (44% del reddito), per pagare le quali servono sei mesi di stipendio, e dove i consumi sono in picchiata?.
In questo contesto, la politica arranca in giochi impossibili. Il Pdl preme sul Pd per un governo di larghe intese. Ma Bersani non è nelle condizioni di concederlo. Come può aprire a Berlusconi un partito che ha la sua mission nell'antiberlusconismo? Il Pd preme su Grillo per un governo di «scopo», ossia legato a contenuti concreti e limitati. E a Grillo restano due strade. Da un lato, quella siciliana: far vivere un governo sulle cose desiderate. Cosi nell'Isola il sì alla legge di programmazione economica è stato concesso in cambio di una linea oltranzista su Muos. Come pure l'attuale intransigenza sull'abolizione delle Province (richiesta quanto mai opportuna) in cambio di un voto favorevole sulla riforma.
L'altra strada è quella della volpe e del cerino. Contrastare abilmente ogni soluzione di governo, lasciando gli avversari con il cerino in mano a scottarsi nel trovarla. Per poi arrivare all'affondo elettorale. Prospettiva possibile. Ma a Grillo non può sfuggire l'azzardo. Ha ricevuto i voti di chi vuol rinnovare e cambiare. Già, dentro il movimento, cresce la spinta per dare un volto concreto al rinnovamento, per ottenere risultati. Riotterrebbe i consensi se fosse ritenuto responsabile di averli bloccati, impedendo di partire ad un governo che pur li prometteva? Si può sospettare che Grillo, con queste contorsioni, su questo rifletta e ragioni. Quando avrà scelto, tutto sarà più chiaro. Speriamo che i tempi non siano lunghi. Perdiamo mezzo milione di posti di lavoro all’anno, i mercati finanziari restano instabili e impauriti. Le volpi possono anche vincere. Ma in un paese che finisce in macelleria...
[email protected]
Grillo, la volpe e il cerino
Il Movimento Cinque Stelle ora deve muoversi tra consapevolezza e sogno
Caricamento commenti
Commenta la notizia