Le relazioni del presidente Luciano Pagliaro e del procuratore generale Guido Carlino all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei Conti sono condivisibili dalla prima all'ultima parola. Hanno descritto i mali della pubblica amministrazione isolana dando configurazione istituzionale alle proteste dell'opinione pubblica. Troppi debiti fuori bilancio negli enti locali, una corruzione di «carattere sistematico» e difficilmente eliminabile, consulenze illegittime e uso distorto dei contributi comunitari. Sprechi e malaffare. La sanità che non funziona ed è inquinata da interessi illeciti. La formazione come strumento di acquisizione del consenso per i partiti in una girandola milionaria. La difficoltà di perseguire i reati perché, in mancanza di un'esplicita denuncia o di una scoperta in flagranza, sono difficilmente accertabili. La quasi totalità delle indagini contraddistinte da successo è fondata sull'attività di intercettazione telefonica ed ambientale.
Difficile catalogare le denunce di Pagliaro e Carlino nella categoria generica dell'anti-politica. Si tratta di una radiografia impietosa della situazione esistente cui gli elettori siciliani hanno dato una risposta votando in massa per il Movimento Cinque Stelle. Un campanello d'allarme che i partiti tradizionali devono cogliere. O saranno spazzati via.
Molto si è discusso in queste ultime settimane di «modello Sicilia» come sistema per uscire dalla crisi della politica. Tuttavia l'esempio è stato richiamato più come espediente parlamentare per costruire maggioranze altrimenti inconsistenti, che come metodo di governo. In realtà che il sostegno dei grillini possa rivelarsi fattivo è ancora tutto da dimostrare sul medio cammino. Occorrerà verificare se oltre ai «no» (dal radar di Niscemi, mettendo a rischio i trattati internazionali, al rigassificatore di Porto Empedocle) i Cinque Stelle saranno in grado di elaborare una strategia feconda per la Sicilia.
Nel frattempo c'è da rimanere allibiti davanti alle dimensioni dello spreco e del malaffare. Le parole di Pagliaro e di Carlino non parlano di politica ma di morale. La gestione del potere dovrebbe tornare a essere un sistema di regole, la pubblica amministrazione una infrastruttura al servizio dei cittadini. Ma in Sicilia, e non solo, etica a politica hanno divorziato. I risultati si vedono. E gli elettori se ne sono accorti. Se ne accorgeranno anche i vecchi partiti? fondi@gds.it