Si dice che Monti parli alla testa degli italiani e Berlusconi alla pancia. La definizione è anche un ritratto caratteriale dei due. Entrambi sono convinti di non sbagliare quasi mai. Perciò Monti da mesi covava la tentazione di sperimentare sul campo se gli italiani avessero «capito» la sua lezione, convinto di aver praticato la migliore politica per salvare il Paese. Ha restituito credibilità internazionale all'Italia, compromessa dalla scapestrata vita privata di Berlusconi e dalla clamorosa spaccatura sulla politica economica tra lui e Tremonti a partire dal maggio del 2011 (dopo la sconfitta del PdL alle elezioni amministrative). Ha imposto tagli e soprattutto tasse, opponendo l'enormità del debito alla consolidata teoria economica che l'austerity in recessione produce altra recessione. Ammette di non aver garantito la crescita, ma è convinto che i sacrifici fatti finora daranno i loro frutti, dopodomani, se non domani. Propone perciò un raccolto in tempi lunghi, fa discorsi sfumati e raffinati da Aspen più che da Rotary e da assemblea di Confcommercio e non a caso si trova in (garbatissimo, poco percettibile) contrasto con Angela Merkel che guarda invece alla pancia del suo elettorato e da due anni si muove pensando alle elezioni tedesche del prossimo settembre. Nelle conversazioni autunnali per il mio libro «Il Palazzo e la Piazza», ho capito che la tentazione della verifica sul campo per Monti era forte, ma non avrei immaginato un impegno così chiaro e spettacolare come quello di ieri sera («Accetto di essere designato come capo della coalizione») che sarà l'elemento centrale della campagna elettorale. Paradossalmente il suo avversario principale sarà quel Silvio Berlusconi che la sera del 23 ottobre, a cena a palazzo Chigi con Letta e Alfano, gli aveva proposto di essere il leader dell'intero arco dei moderati (PdL compreso, è ovvio), invito rinnovatogli il 13 dicembre alla riunione del Partito popolare europeo a Bruxelles. Da quando ha sentito l'inevitabile odore di bruciato (il moderatismo di Monti si ferma sulla soglia del PdL), Berlusconi si è scatenato aprendo in modo irruento quella campagna elettorale che di fatto Bersani aveva avviato un mese prima con la mossa strategica delle primarie con Renzi.
Se Monti punta ad incassare subito il consenso a promesse dei tempi lunghi, Berlusconi è invece abituato ai tempi fulminanti: parla in televisione (e talvolta straborda) solo in campagna elettorale. Negli ultimi quattro anni, per dire, è venuto a «Porta a porta» soltanto tre volte e sempre sotto elezioni. Vorrebbe recuperare tutto e subito, cosa evidentemente impossibile, convinto che si possano ottenere all'istante risultati clamorosi solo sollecitando l'istinto degli interlocutori (la pancia, appunto): attenti a Imu, patrimoniali, sacrifici senza scadenza... Le rimonte del passato gli danno ragione. Nel '94 vinse così, nel 2006 fece grazie alla televisione una rimonta spettacolare riducendo il vantaggio di Prodi a quel poco che non gli sarebbe stato sufficiente. Nel 2001 e nel 2008 ha vinto a tavolino e i due casi non fanno storia. Non sappiamo dove arriverà, ma può guadagnare fino a dieci punti dai bassifondi del 14 per cento dov'era ridotto poche settimane fa. Per farne cosa? Paradossalmente, al di là di una vittoria ragionevolmente impossibile, Berlusconi ha lo stesso obiettivo di Bersani: piallare Monti e il Centro per impedirne un ruolo decisivo nella prossima legislatura. Ridimensionare il più possibile Monti per essere in Parlamento il solo vero opposizione di Bersani e Vendola e aprire così una nuova battaglia contro i «comunisti» nella quale - si guardi il risultato di Parma - potrà contare su battaglioni insospettabili di cittadini silenziosi e determinati.
L'obiettivo di Monti è ovviamente l'opposto. Una volta gli dissi: «Pensi al giorno in cui lei dovesse andare in giro per l'Europa a spiegare che Vendola è un bravo ragazzo...» e lui rispose con un sorriso. Era una battuta o una profezia? Se Berlusconi dice: votate per me o per Bersani, con la sua irruzione in politica Monti vuole dimostrare che da solo il segretario del Pd non può dare all'Europa l'affidamento necessario. Gli serve un garante. Il Professore, per l'appunto, che vuole convincere con la testa gli italiani che sentono nella pancia il richiamo del Cavaliere... [email protected]
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