Un programma in cinque punti da proporre al Presidente Crocetta, che gli autori chiamano «Uscire dal Tunnel». Sono le cose più urgenti da fare. Magari non basteranno i primi cento giorni perché in molti casi si tratta di riforme di lunghissimo periodo: tuttavia impostarle sarebbe già un grande risultato. L'elenco degli interventi comprende: istruzione, pubblica amministrazione, concorrenza, fondi europei e sanità. A preparare il progetto gli esponenti siciliani di Fermare il declino, il movimento politico che fa capo a Oscar Giannino e all'economista Luigi Zingales. A spiegare i contenuti del manifesto è Salvatore Modica, ordinario di Economia Politica a Palermo.
ALLORA PROFESSORE: ISTRUZIONE, PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, CONCORRENZA, FONDI EUROPEI E SANITÀ: L'ORDINE È CASUALE O C'È DEL METODO NELLA SCELTA?
«L'ordine non è casuale. L'istruzione è il punto più importante perché lo sviluppo del capitale umano è alla base del progresso economico e civile. La riduzione dei divari cognitivi della scuola dell'obbligo rispetto al resto del Paese è un impegno prioritario, ed è alla nostra portata. Bisogna partire dagli asili nido perchè se si interviene più tardi si spende di più e si ottiene di meno. Tutti i bambini dovrebbero avere chi gli racconta le favole».
MA I NOSTRI RAGAZZI SONO COSÌ IGNORANTI?
«Purtroppo sì, i risultati nei test internazionali sono imbarazzanti. Le competenze matematiche e di comprensione di testo dei nostri adolescenti sono al di sotto dei coetanei nord-africani».
Tuttavia il livello di scolarizzazione del Sud è molto elevato come dimostrano tutte le statistiche. «Sì, al Sud ci sono gli stessi diplomati che al Nord, e in Sicilia e Calabria ci sono quasi più iscritti all'università che in Lombardia, ma la metà dei laureati dopo sei anni è senza lavoro. Qualche tempo fa ho pubblicato su lavoce.info un esercizio di algebra di seconda media che ho dato ai miei studenti all'università (che avevano già superato l'esame di matematica): avevano risposto tre ragazzi su trentadue. E se all'università i risultati sono così scarsi esiste un problema di qualità nell'istruzione di base. È lì che bisogna intervenire».
LA REGIONE CHE COSA DOVREBBE FARE?
«Darsi obiettivi misurabili e perseguirli, studiando la produzione del servizio istruzione che secondo noi ha margini di miglioramento organizzativo e vedendo bene cosa ha funzionato in realtà analoghe nel mondo. È un intervento in cui si può sperare di ottenere risultati anche perché non è in contrasto con gli interessi di breve periodo dei politici».
E L'INTERVENTO PIÙ RADICALE?
«Spostare sulla scuola e sulla riduzione del divario cognitivo i fondi per la formazione professionale. Si tratta di 250 milioni l'anno più o meno buttati via, vista l'esiguità dei risultati».
SMONTARE IL BARACCONE DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE IN SICILIA: E QUALE POLITICO SI FA CARICO DI UN'OPERAZIONE TANTO IMPOPOLARE?
«Se Crocetta vuole fare la rivoluzione abbattere la Formazione sarebbe un bell'inizio. Un po' come la caduta della Bastiglia all'inizio della Rivoluzione Francese».
SOPRATTUTTO SAREBBE UN'OPERAZIONE POLITICAMENTE SUICIDA.
«È una operazione che richiede coraggio e distacco dagli interessi individuali, è una di quelle cose che il Presidente dovrebbe mettere nella lista di cose che "o si fanno o tutti a casa". La situazione in Sicilia è estremamente deteriorata, per cambiare la percezione che il mondo ha di noi non bastano quattro cartelloni negli aeroporti internazionali. È necessario convincere gli osservatori che il nuovo governo è consapevole dei problemi dell'economia e della società, soprattutto quelli di lungo periodo. O si prende il toro per le corna o non si conclude nulla. Se Crocetta batte i pugni su una lista di piccole rivoluzioni e gioca la partita all'Ars all'insegna del "tutti a casa" magari non fa il Presidente ma passa alla storia come il primo martire della democrazia moderna».
E CHE ALTRO CI DOVREBBE ESSERE NELLA LISTA?
«L'abolizione delle Province, che in Italia si sta facendo e noi ne siamo fuori perché regione a statuto speciale; la cessione delle aziende controllate dalla regione; l'abolizione del numero chiuso dei medici di base; l'adeguamento della spesa per il personale regionale per abitante alla media nazionale».
STA DICENDO COSE IMPOSSIBILI DA REALIZZARE.
«Sto dicendo cose necessarie per un cambio di marcia. La burocrazia che abbiamo ereditato da cinquant'anni di politica del posto-contro-voto è uno degli ostacoli più formidabili alla realizzazione di investimenti produttivi in Sicilia, ed è una barriera fortissima alla concorrenza fra individui, fra imprese, fra istituzioni».
E "IL POSTO" CHE TUTTI INSEGUONO NEL SETTORE PUBBLICO?
«In Sicilia ha prodotto disoccupazione tre volte più alta che al Nord. Non esiste un solo modello in teoria della crescita in cui non si trovi che il lavoro che produce sviluppo è quello che viene dalle imprese e dalle loro innovazioni. Lo Stato deve creare un ambiente favorevole allo sviluppo delle attività produttive: un ordinamento giuridico semplice e forte e servizi pubblici essenziali, in primo luogo istruzione».
E BASTA QUESTO?
«In realtà no. Un ambiente favorevole allo sviluppo richiede competenza ma richiede anche affidabilità dell'interlocutore: chi ti stringe la mano deve sapere di avere la tua parola d'onore, altrimenti non farà mai affari con te. E i rapporti che danno i frutti migliori sono i rapporti che durano nel tempo. La reputazione di affidabilità fu la condizione che rese possibile la rivoluzione industriale in Inghilterra».
IN SICILIA INVECE GLI "SPERTI" CHE TIRANO A FREGARE E GODONO ANCHE DI GRANDE CONSENSO SOCIALE. PERCHÉ?
«Il primo frutto dell'ignoranza è proprio la convinzione che il raggiro sia un atteggiamento positivo. Sembra stupido, ma è un problema maledettamente difficile da superare. Non conosco mezzo migliore che migliorare la scuola - e metterci dentro anche lo sport, che è un grande maestro di vita. La mancanza di fiducia, del senso di giustizia è un problema che in Sicilia ci portiamo dietro da molto tempo, in effetti quasi mille anni. Da questo incubo ci dobbiamo svegliare per dare speranza ai ragazzi».
GIÀ: I RAGAZZI CHE NON VANNO NEMMENO A VOTARE.
«I ragazzi non vanno a votare perché nel mondo della politica vedono troppe persone che "cercano il posto", non gente interessata ai problemi sociali. Vedono i vermi del sottobosco e ne stanno lontani. Il problema non è lo stipendio dei politici eletti dal popolo (che per me potrebbe anche raddoppiare), è quello dei compensi di coloro che i politici "sistemano" o promuovono. Che sono troppi e spesso remunerati senza alcun riferimento né al loro valore di mercato (dato dalle dichiarazioni dei redditi negli anni precedenti alle nomine politiche) né ai risultati che ottengono. Questo sistema non ha prodotto sviluppo, ha solo favorito il clientelismo politico, imbrigliato la concorrenza e ostacolato la valorizzazione dei nostri talenti. Il Presidente che non ha avuto paura di guardare in faccia i mafiosi di Gela può avere anche il coraggio di sfidare la storia, e sarà il nostro eroe».