Il fatto più grave è che le vittime di questo contenzioso Stato-Province dovrebbero essere gli studenti, costretti probabilmente a seguire le lezioni con sciarpe e cappotti, a rischio influenza, mentre i vertici (e gli impiegati) delle Province continuerebbero a lavorare nelle lussuose sedi che conosciamo, ovviamente ben riscaldate,talvolta sino allo spreco. Confidiamo sul buon senso e siamo certi che nulla del genere accadrà, soprattutto dopo il risoluto intervento del ministro Patroni Griffi, che ha invitato il presidente Saitta ad avere «più rispetto per le istituzioni».
Giudichiamo molto grave che Saitta abbia pensato di penalizzare i bambini e gli adolescenti, mentre forse sarebbe stato più comprensibile l'attuazione di una serie di tagli, in linea con la spending review, legati alla riduzione degli straordinari dei dipendenti, alla cancellazione di indennità varie, alle spese di viaggi, ecc. Insomma, l'anticipazione di tutte quelle riduzioni di spesa previste nel decreto sulle nuove province (che comporterà anche il trasferimento di 12 mila dipendenti in altre amministrazioni pubbliche), in seguito al taglio di 35 province (da 86 a 51). Ma il nuovo presidente non ha avuto dubbi, pensando subito che a dover «pagare» dovevano essere i ragazzi: lasciamoli al freddo, si è detto, vedrete i media ne parleranno lungamente e, alla fine, Monti dovrà tenerne conto e questo «taglio» non passerà. Non ha calcolato il «nuovo Erode» che quest'arma gli si è ritorta contro: che l'opinione pubblica non si è rivoltata contro il governo ma contro le province e chi ha pensato una corbelleria del genere. Ci chiediamo come mai (ma potremmo essere presto smentiti) l'Unicef, le altre organizzazioni che tutelano i minori non si siano fatti sentire con una energica protesta (e che dire di quel fantasma dell'Autorità per l'infanzia che avrebbe potuto intervenire sbandierando la convenzione di New York sui diritti dei minori).
Questo episodio conferma, purtroppo, che non esiste solo un imbarbarimento dei rapporti delle forze politiche (anche se il governo Monti ha contribuito ad attenuare), ma anche contese desuete, aggressive e violente di lobby istituzionali, che si battono per la loro sopravvivenza, senza tenere in alcun conto gli interessi generali dello Stato, che sono la riduzione della spesa pubblica e migliori servizi per i cittadini, al centro e nel territorio. Ma il neo presidente preferisce alzare la bandiera di guerra, promuovendo il ricorso di tutte le province «accorpate» ai Tar e iniziative, come questa, che fanno gridare «vergogna» e aumentano la scarsa credibilità che l'Upi e le province associate godono nell'opinione pubblica.
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