Lo Statuto dei Lavoratori è stato un freno alla creazione di posti di lavoro e ha danneggiato i più deboli. Ad affermarlo il premier Mario Monti. Parole di semplice buon senso che hanno però suscitato le risentite reazioni di Susanna Camusso e quelle un po’ più composte di Raffaele Bonanni. Eppure si tratta di realtà. La bandiera dei diritti dei lavoratori, che i due sindacalisti hanno immediatamente innalzato non c’entra con Monti. Lo Statuto dei Lavoratori e, segnatamente, l’articolo 18 hanno creato il mercato del lavoro più iniquo del mondo. Pochi privilegiati (gli occupati in aziende con più di 15 dipendenti) e una moltitudine di esclusi. Ci sarà pure una ragione per cui, ancor prima che esplodesse la grande crisi, l’Italia aveva il tasso di disoccupazione giovanile più alto d’Europa. Poi il primato è passato a Spagna e Grecia le cui economie, però, stanno crollando. Ci sarà pur un motivo per cui ancora oggi lavorano meno di sei italiani su dieci in età compresa fra i 15 e 64 anni mentre la media europea supera l’80%? Come mai nel Paese che ospita il più grande sindacato d’Europa c’è un precariato tanto diffuso? La spiegazione è semplice: le rigidità sul mercato del lavoro hanno frenato l’occupazione.
«Alcuni dei danni maggiori – ha detto Monti - sono derivati dalla speranza di fare bene anche dal punto di vista etico, civile e sociale, ma con decisioni che spesso non erano caratterizzate da pragmatismo e valutazione degli effetti».
Un invito ad abbandonare l’ideologia al quale la Cgil ha risposto con la solita liturgia: «Le parole del premier sono l’eco del peggior liberismo» lamenta Susanna Camusso. È vero proprio il contrario: la riforma varata dal ministro Fornero è assai poco liberale. Ha irrigidito le modalità d’ingresso (per esempio limitando i contratti a termine) e non ha aperto le vie d’uscita. Ha lasciato un potere enorme al giudice. Non a caso si sta verificando il fenomeno opposto a quello sperato. Non potendo fare stabilizzazioni, a causa della crisi, le aziende lasciano scadere le assunzioni a tempo determinato. Il numero dei disoccupati cresce. Dall’altro lato i sindacati hanno messo tutti i paletti possibili sui licenziamenti per motivi economici. Se l’azienda non è proprio sull’orlo del fallimento è facile spacciarli per decisioni di natura discriminatoria. In questo caso entra in scena il giudice. Risultato? Le aziende non assumono non avendo certezza sui tempi e le modalità dell’eventuale rottura del contratto. In questo modo i diritti dei lavoratori restano immacolati. Peccato che non ci sia più il lavoro.
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