Mercoledì 27 Novembre 2024

Aziende partecipate: confronto impari col Nord

di LELIO CUSIMANO Le vicende di queste giorni che hanno riguardato Gesip, hanno confermato quanto questo Giornale sostiene da tempo. I «guai» del Comune vengono essenzialmente dalle società partecipate e dalla insostenibilità degli attuali livelli di spesa. Le principali società partecipate dal Comune sono otto: Amia, Amat, Amg, Amap, Sispi, Gesip, Palermo Ambiente e Gesap; le prime sette sono «controllate» dal Comune che ne detiene la quota di maggioranza.
Tre società, Amg, Amap e Sispi producono utili, le altre sono, più o meno gravemente, in perdita.
Il rischio concreto è che nei prossimi mesi possa essere messa in discussione la stessa sopravvivenza di alcune delle società controllate e con essa il posto di lavoro di molti; tutto questo rende incandescente il clima e, come sempre accade, rende difficilissima la ricerca di soluzioni sotto l’azione incalzante e le pressioni della piazza, in una pericolosa combinazione di furori ideologici e di legittime aspettative. Non è una legge universale che i servizi pubblici debbano essere buchi neri, capaci soltanto di assorbire ricchezza e distruggerla.
Per questo abbiamo voluto avviare un confronto con quanto accade nelle altre grandi città italiane nei servizi pubblici. Abbiamo scelto così tre grandi città del nord per un tour virtuale tra i... rifiuti. Sono Genova, Torino e Bologna. Sono tre città amministrate da giunte «rosse», tre modelli di amministrazione che forse potremmo anche pensare di imitare, chissà magari dopo avere organizzato un «viaggio di istruzione», aperto ad amministratori e tecnici comunali della Sicilia, alla scoperta di quali misteriose interrelazioni consentano di smaltire i rifiuti senza problemi e guadagnandoci pure.
Amiu Genova nasce nel 1986 per occuparsi dell’intero ciclo dei rifiuti solidi urbani; si trasforma nel 2002 in società per azioni, organizzandosi poi in gruppo con varie società controllate. Amiu è una società interamente controllata dal Comune di Genova. Il gruppo controlla quattro società, impegnate nel ciclo dei rifiuti ed in attività di tutela dell’ambiente. Amiu gestisce l’intero ciclo di raccolta e trasporto dei rifiuti indifferenziati. Ogni giorno gli operatori svuotano oltre 15.000 cassonetti e contenitori stradali e si occupano della pulizia di un’area di circa 3 milioni di metri quadrati.
Nel 2001 Amiu ha avviato la raccolta differenziata raggiungendo nel 2011 il 32%. Amiu Genova serve un bacino di oltre 700 mila abitanti, ha circa 1800 dipendenti, un valore della produzione di circa 140 milioni di euro e negli ultimi cinque anni ha sempre chiuso il bilancio in utile (tanto per un confronto, Amia gestisce circa 650 mila residenti, ha quasi tre mila dipendenti, non si conosce il valore della produzione ma sappiamo che tra perdite e debiti contratti ha un «buco» di quasi 500 milioni di euro).
Amiat Torino è dal 2000 una società per azioni a totale capitale pubblico, che gestisce ed eroga in modo integrato i servizi d'igiene, di raccolta e smaltimento rifiuti per un bacino di oltre 130 chilometri quadrati. Amiat gestisce il servizio di viabilità invernale sul territorio cittadino, con interventi che vanno dalla dispersione del sale antighiaccio allo sgombero della neve; il servizio prevede la pulizia di 1.160 chilometri di strade cittadine. La raccolta differenziata, attiva dal 1976, è stata incrementata con il sistema del porta a porta che ha permesso il raggiungimento, nei quartieri in cui viene utilizzata, di una percentuale superiore al 60%. Amiat dispone di un sistema aziendale per il trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti. Sono attivi l'impianto di compostaggio per il trattamento del rifiuto organico e la piattaforma Ecolegno in grado di accogliere qualsiasi rifiuto legnoso. A questi si aggiungono l'impianto dove sono trattati i Raee (frigoriferi, lavatrici, computer, fotocopiatrici, televisori) e l'impianto per la selezione degli imballaggi e dei rifiuti speciali assimilabili agli urbani. La società torinese serve un bacino di oltre un milione di abitanti, ha 1938 dipendenti; il valore della produzione è di circa 200 milioni di euro. Ha chiuso il bilancio 2011 con un utile di 2,8 milioni di euro. Diversa nel modello, ma non certo nei risultati è la situazione di Hera, la società quotata che gestisce tra l’altro lo smaltimento dei rifiuti nel comune di Bologna. Il gruppo Hera presenta numeri così imponenti da rendere obiettivamente imbarazzante ogni confronto. Nato nel 2002 dall'unione di undici aziende di servizi pubblici dell'Emilia Romagna, il gruppo Hera gestisce 7 impianti di termovalorizzazione con quasi un milione di tonnellate di rifiuti trattati; gestisce 296 mila punti di illuminazione pubblica in 59 Comuni delle province di Bologna, Ferrara, Firenze, Forlì-Cesena, Milano, Modena, Perugia, Pesaro-Urbino, Piacenza, Ravenna, Rimini. Nell’ultimo anno ha trattato un po’ più di cinque milioni di tonnellate di rifiuti (esattamente il doppio dei rifiuti prodotti da tutta la Sicilia), attraverso 79 impianti per rifiuti urbani e speciali, anche pericolosi. Il gruppo ha superato il 50% di percentuale di raccolta differenziata.
Nel settore idrico Hera gestisce l'intero ciclo, dalla captazione fino alla depurazione e reimmissione nell'ambiente delle acque, ed è il secondo operatore italiano, con 254 milioni di metri cubi venduti. Ha distribuito 3.321 milioni di metri cubi di gas metano, servendo 126 comuni. Ha chiuso il bilancio 2011 con un utile netto di 126 milioni di euro. Il gruppo Hera conta 6.621 dipendenti (il 98% dei quali con contratto a tempo indeterminato), quasi un terzo in meno degli addetti alle sole società pubbliche palermitane ma con un bacino di utenza cinque volte più grande.
Questo è il quadro dei servizi pubblici in alcuni grandi comuni italiani. Che dire? Non ci risulta che i lavoratori in quei territori siano schiavizzati dai loro datori di lavoro; anzi hanno un posto stabile e guadagnano mediamente più dei nostri. La raccolta e lo smaltimento dei rifiuti sono effettuati con efficienza ed efficacia. Grazie alla differenziata ed al riciclo concorrono realmente alla tutela dell’ambiente. Non sappiamo se dietro questo paravento di efficienza si muovano i «poteri forti» dell’industria italiana ma, scusate la debolezza, con questi risultati potrebbe essere desiderabile interpretare il ruolo delle «vittime», specie se l’alternativa è restare vittima di un consolidato e collaudato modello di inefficienza e cattivo utilizzo di pubbliche risorse.

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