Il presidente Lombardo sostiene che i conti della Regione sono a posto. Certamente sarà così. Resta il fatto che, dopo i dipendenti dell’Ars, sono in ritardo anche gli stipendi dei deputati. Una conferma che le tensioni di cassa dell’amministrazione non sono un fatto occasionale ma ormai un elemento strutturale. La crisi, come sempre succede, è certamente un problema grave che colpisce in profondità il portafoglio e i modelli di vita. Ma può essere anche l'occasione per cambiamenti virtuosi. Un modo per rimettersi in gioco. Per esempio a Roma i risparmi e gli scandali riconducibili a Lusi e Belsito (tesorieri rispettivamente di Margherita e Lega) hanno portato frutti importanti. A cominciare dal dimezzamento del finanziamento pubblico dei partiti. A Palermo invece? A Palermo è tutto come prima. La Casta continua a vivere nell'età dell'oro. A cominciare dai novanta componenti dell'Ars. Una rappresentanza che non ha riscontri. La Lombardia, con il doppio degli abitanti, elegge solo ottanta consiglieri. La Sicilia non vuole confronti. Il suo Parlamento (non a caso il più vecchio del mondo) è affollato e intoccabile. L'accorciamento della legislatura, certamente, farà saltare l'annunciato sfoltimento da 90 a 70 dei deputati. Se ne parlerà un'altra volta. Il ritardo degli stipendi, in questa ottica, si trasfigura: non più incidente finanziario ma vendetta della storia. I componenti dell'Ars sono troppi (come accade a tutti i regionali). I fondi non bastano. Quasi un segno del destino cui alcuni deputati si ribellano con una caduta di stile giustificabile solo dalla fame ormai incombente: «Perché gli assessori, che sono nominati, vengono pagati regolarmente e noi, eletti da popolo, dobbiamo aspettare?». L'interrogativo potrebbe essere ribaltato: si meritano veramente l'assegno di 19 mila euro al mese?
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