Lo tsunami è arrivato. Il presidente Monti ha di fatto chiesto a Lombardo di farsi da parte. La data del 31 luglio non segnerà solo la fine anticipata della legislatura ma anche il momento di svolta nella vita politica ed economica della Sicilia. Roma ha giustamente chiuso i rubinetti e non li riaprirà fino al cambio di marcia nella gestione finanziaria e amministrativa della Regione. La stessa cosa aveva fatto qualche giorno fa l’Ue bloccando i 600 milioni spesi in maniera più che sospetta. Vedremo che cosa accadrà dopo il 31 luglio.
Quali sono le strade concesse dalla Costituzione a Monti per intervenire? Essenzialmente due. In caso di «gravi violazioni dello Statuto» (come nel caso della bancarotta) il governo romano può sciogliere d’autorità l’Assemblea regionale e mandare a casa il governo siciliano. Un commissario prenderebbe le redini dell’Isola per risanare il bilancio, rimanendo in carica fino alle elezioni. È l’ipotesi estrema, percorribile solo dopo diversi passaggi e diversi voti d’Aula, ma non è da escludere che Monti voglia percorrere proprio questa via se Lombardo non dovesse rispettare l’impegno di dimettersi a fine mese.
La seconda strada, in presenza di un governo dimissionario a fine luglio prevede invece l’invio di un commissario ad acta, con compiti specifici come la gestione dei fondi europei o il tamponamento dei «buchi» di bilancio. In questa seconda ipotesi resterebbero in carica solo per l'ordinaria amministrazione sia l’Ars che il governo dimissionario fino alle elezioni di fine ottobre. Lombardo ha chiesto un incontro urgente a Monti, per telefono ieri sera lo ha rassicurato sulle dimissioni.
La nomina di un commissario è stata chiesta nei giorni scorsi a gran voce da forze politiche come l’Udc e il Pdl, da sindacati come la Cisl e dal vice presidente di Confindustria Ivan Lo Bello. In cuor nostro speriamo che l’incarico ci sia e che venga affidato a Enrico Bondi o a personaggi del medesimo calibro.
La Sicilia ha bisogno di immergersi nel rigore e nell’austerità. Decenni di sprechi e di dissennatezze hanno presentato il conto. Non era possibile reggere l’urto di 28 mila forestali, di migliaia di precari, di consulenze prive di giustificazioni se non la prebenda ad amici e amici degli amici. Abbiamo denunciato più volte sprechi e l’assistenzialismo eretto a sistema con il solo obiettivo di alimentare clientele sempre più fameliche. Fino all’arroganza di usare i fondi europei per pagare la ristrutturazione di un bar o il finanziamento di un presepe vivente. Facile immaginare l’imbarazzo dei funzionari di Bruxelles nell’esaminare le due pratiche. Hanno bloccato tutto e chiesto indietro i soldi. Scandali che giustificano anche l’ostinazione della signora Merkel. Come spiegare agli occhi dei contribuenti tedeschi il fatto che la Regione Siciliana utilizza i fondi europei, pagati in gran parte dalla Germania, per acquistare le sedie di un bar o il folklore locale? Visti da questo punto di vista i «nein» di Berlino diventano meno arroganti. Ora anche Monti ha dovuto prendere atto che per essere credibile in Europa deve evitare che la Sicilia, con la sua finanza allegra, diventi la nostra Grecia.
Non sappiamo con quali strumenti istituzionali e tecnici si potrà intervenire in Sicilia. Ma la questione politica è un'altra. D’ora in poi tutto è diverso. Se non formalmente, la Sicilia è politicamente commissariata. Avrà d’ora in poi riflettori addosso e controllori occhiuti. Siamo a una svolta storica dove l’autonomia è compressa. È un trauma. Speriamo che questo trauma, fra l’altro da noi sempre sollecitato, possa essere salutare. Tutti devono prendere atto delle condizioni nuove ed essere conseguenti. Le ragioni della Sicilia e della sua autonomia potranno essere affermate attraverso quelle «carte in regola» che uomini come Piersanti Mattarella invano raccomandavano. Ci vogliono riforme in grado di correggere i vizi pubblici nella gestione della spesa. E tutti, proprio tutti, forze politiche, burocrazie, istituzioni locali e sindacati hanno un ruolo da svolgere.