In forza del mio lavoro, percorro ogni anno più km di un piccione viaggiatore. Spesso la macchina mi porta in uno dei comuni riconosciuti dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, Militello in Val di Catania.
Esco dal capoluogo etneo (traffico permettendo), imbocco la Catania-Gela (comunemente detta “la strada della morte”) e (alla settima peripatetica) giro a sinistra. Mi attende la S.S. 385, un’infrastruttura dall’aria triste, con l’espressione tipica di chi sa la verità e soffre che gli altri non la conoscano. Se fosse un libro si intitolerebbe “Se questa è una strada”.
Inseguendo le labili tracce d’asfalto ancora in vita, mi inerpico lungo stretti e ripidi tornanti, come un cavaliere antico in cerca del Sacro Graal. Evito bolidi impegnati in una variante locale dello slalom gigante, Dolomiti di spazzatura, comitive di cani randagi, buche e crepacci che mostrano le viscere della strada, la vegetazione che invade il percorso (restringendo ulteriormente la carreggiata), ma non è possibile far nulla di fronte all’ineludibile: una frana che, da tempo immemorabile, ostruisce quasi per intero il cammino.
Attendo che un disciplinato reggimento di truppe ovine, guidato da un pastore-filosofo-leopardiano ( “‘A frana ? Avi ca c’è…”), restituisca alla collettività il diciottesimo di corsia di marcia rimasto libero, e mi immergo voluttuosamente in una fittissima doccia di nebbia emozionale. Per fortuna la segnaletica orizzontale è latitante, così posso godermi fino in fondo il fascino dell’imprevisto. Così, tappa dopo tappa, grazie al livello di stanchezza, comprendo di essere arrivato.
Non so se è previsto uno sconto sul Purgatorio; di sicuro basterebbe unire tutte le buche per creare una moderna ed efficiente metropolitana.
Guglielmo La Cognata