Non c’è grande dignità nel tramonto della Casta a Palazzo dei Normanni. La Sicilia si accascia sotto il peso della crisi economica e la Regione ha finito i soldi per finanziare la cassa integrazione. Servirebbe una politica industriale e invece agli angoli di vie e pizze cominciano ad accumularsi i rifiuti perché gli Ato, non più sussidiati, hanno interrotto i pagamenti. È il momento dell’emergenza. Servirebbe che la mobilitazione delle forze politiche e sociali raggiungesse il punto più alto di coesione. Invece nulla.
La nomenklatura siciliana non trova tempo che per i suoi giochetti di palazzo. La mozione di sfiducia a Lombardo oppure la nuova infornata di nomine bloccata in commissione all’Ars. Intrighi degni di una corte medievale. Rozza e brutale. Pura lotta di potere che ignora le vere esigenze della popolazione. Senza nemmeno un briciolo di senso di responsabilità. Senza alcuna considerazione per i siciliani. Non cittadini ma sudditi. L’unico problema per i partiti sembra quello di accorciare il più possibile i tempi della legislatura. Così cade la riforma che riduce da 90 a 70 il numero degli inquilini di sala d’Ercole. Se accadesse sarebbe un bell’esempio per tagliare i costi della politica.
La Sicilia che segna una strada di virtù amministrativa invece di essere l’eden degli sprechi. Ma la Casta non ci pensa affatto. Ripete all’infinito i suoi rituali con i quali spera di perpetuarsi. Tutto diventa autoreferenziale. Il gioco dei quattro cantoni , in cui si offre lo spettacolo di un gran movimento ma poi tutti tornano al loro posto. In vista delle prossime elezioni che dovrebbero svolgersi a ottobre non si vede uno straccio di programma. Ma nemmeno di un’idea o di una proposta. Nel frattempo l’economia siciliana scivola sempre più in basso. Lavoratori e imprese sempre più in difficoltà, essendo venuto meno il sostegno della cassa integrazione. Mentre il cattivo odore che comincia a sentirsi sulle vie invase di immondizia diventa metafora del disfacimento di una intera classe politica.