Silvio Berlusconi è davanti a uno specchio: chi sono? Dove vado? L'assenza da tutti i ballottaggi più importanti, la scomparsa a Palermo e a Parma dove ha governato fino a ieri, la disfatta nelle roccaforti storiche della Brianza ha dimostrato che il Pdl attraversa la crisi peggiore dalla sua fondazione. Il Cavaliere ha acceso i motori, ma non ha deciso ancora in quale direzione andare.
I risultati elettorali sono stati traumatici: nelle 157 città sopra i quindicimila abitanti, il centrodestra (coalizione) ne controllava 92. Oggi il PdL ha 34 sindaci. Berlusconi ha soltanto due elementi di conforto. Gli elettori che hanno abbandonato il centrodestra non hanno votato né per il centrosinistra, né per il Terzo Polo. Pierluigi Bersani subito dopo i ballottaggi ha messo le cinture di sicurezza all'alleanza di Vasto, consolidando il rapporto con Di Pietro e Vendola.
Anche il segretario del Pd sa di non poter dormire tranquillo: la sberla di Palermo e soprattutto quella di Parma lasciano intendere che il desiderio di novità (anche se la novità si chiama Leoluca Orlando, che 27 anni fa fu sindaco per la prima di quattro volte con quattro partiti diversi) può travolgere qualunque schema precostituito. Per questo l'altra sera a «Porta a porta» una donna autorevole ed equilibrata come Anna Finocchiaro ha detto che nulla è come prima e - pur riconoscendo a Bersani doti di premiership - ha aggiunto che nulla è scontato sulla candidatura principale alle elezioni dell'anno prossimo.
Se si votasse oggi, il PdL non avrebbe alcuna chance. Tra dieci mesi tutto può cambiare. Se da un lato Bersani può offrire il suo volto rassicurante e l'«usato sicuro» del centrosinistra, dall'altro la sua nuova formazione può assomigliare in qualche sfumatura all'usato insicuro dell'Unione. La maggioranza degli italiani ha difficoltà nell'immaginare Nichi Vendola al Lavoro e Antonio Di Pietro alla Giustizia (come sussurra qualche garbato provocatore). Per questo l'evocatissimo «spirito del '94» potrebbe cambiare tutto.
Ma questo spirito può rigenerarsi? Berlusconi ammette di essere a un bivio: mollare o tornare in campo in prima persona dicendo ai suoi: ragazzi, vedete che cosa combinate appena mi distraggo? I risultati elettorali naturalmente non accettano una risposta così semplicistica e Berlusconi sa bene che - se il suo appeal in una parte dell'elettorato resta indiscutibile - lo sparigliamento in direzione della novità non può prevedere la sua candidatura alla premiership. Al tempo stesso il centrodestra oggi non può fare a meno di lui. Ecco dunque che il Cavaliere può plasmare il disordinato fronte moderato compiendo il miracolo dell'86 quando prese il Milan, trasformandolo in una squadra di livello mondiale.
Se è ormai sconsigliabile che faccia il centravanti, può esserne certamente lo stratega. Le prime due cose che gli si richiedono sono di chiarire la linea e dare all'allenatore la necessaria autonomia per applicarla. Non abbiamo idea di quale sarà la prima. La tentazione del Cavaliere, affascinato dall'esperienza di Grillo, è di azzerare tutto e di dare il movimento in mano a giovani che guardino alla politica senza farne il sinonimo di sistemazione personale. Ma se azzerare la nomenklatura del partito è impossibile, diventa indispensabile riempire le liste di giovani, scatenarli sulla rete e farli conoscere sul territorio anche attraverso quella televisione che Grillo demonizza. Berlusconi non ha mai dato molta autonomia agli allenatori del Milan. A chi nel partito vuole commissariare Alfano, ieri Cicchitto ha risposto giustamente che il segretario deve restare dov'è se ha autonomia nelle scelte. Alfano ha l'età, l'onestà e la capacità per coinvolgere altri giovani. Berlusconi deve dargli tutta la briglia necessaria per trattare con Casini e anche con Maroni, ma senza escludere di fare a meno di entrambi se le condizioni lo richiederanno.
E soprattutto muovendosi senza attendere il loro temporeggiare giustificato da ragioni diverse, ma suggeritore di ritardi che sarebbero devastanti per il fronte moderato. Queste elezioni sono state un grande segnale. Se il centrodestra vuole restare competitivo, lo raccolga subito.
Il Cavaliere stretto fra Alfano e Grillo
Anche il segretario del Pd sa di non poter dormire tranquillo: la sberla di Palermo e soprattutto quella di Parma lasciano intendere che il desiderio di novità può travolgere qualunque schema precostituito
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