Due dati, tra i tanti proposti dalle elezioni, debbono far riflettere. Un terzo degli elettori che l'ultima volta avevano scelto il PdL si sono astenuti. Un quarto di chi adesso ha votato Beppe Grillo la volta precedente aveva scelto il Pd. E' perciò prevedibile che sia Berlusconi e Alfano, sia Bersani cercheranno di tirare Monti per la giacca, ovviamente da direzioni opposte. Ha ragione il segretario del Pd quando sostiene che il suo partito in questo momento è l'unico davvero strutturato su tutto il territorio, eppure anche la tenuta dei Democratici è a rischio, nonostante se la siano cavata alle elezioni meglio degli altri. Se è vero infatti che il PdL ha perso il 45 per cento dei propri voti nei capoluoghi di provincia (nei piccoli centri è andato meglio), secondo l'istituto Cattaneo di Bologna il Pd ha perso il 33 per cento, un voto su tre. Non c'è perciò da stare molto allegri. Per mettersi in sicurezza e togliere alla sua base la voglia di votare Grillo alle prossime elezioni politiche,Bersani dovrà perciò consolidare l'alleanza di sinistra ed essere meno 'snob' (la definizione è di Di Pietro) nei confronti di Italia dei Valori e di Sel per trasformare la 'foto di Vasto' di un solido simbolo elettorale. Consolidare l'alleanza di Vasto significa chiedere a Monti una politica un po' più di sinistra perché metà della base del Pd è scontenta del governo e la perdita di consensi - in direzione di Grillo e dell'astensionismo - nasce proprio da questo. Berlusconi e Alfano hanno problemi ancora maggiori. La loro base ha digerito peggio dei vertici la caduta del governo di centrodestra ed è insoddisfatta per tre quarti della linea politica di Monti. Le 42 firme di parlamentari raccolte ieri sera contro il governo sono significative. Ma mentre Bersani una prospettiva elettorale ce l'ha, il PdL no. Una parte dei dirigenti chiede al Cavaliere di staccare subito la spina temendo più il disastro dell'anno prossimo che la sconfitta in eventuali elezioni anticipate in ottobre. E se "Il giornale" ieri titolava: "Dai Silvio, molla Monti", probabilmente l'ala estremista del partito non è così emarginata. Berlusconi e Alfano (al quale tutti hanno confermato fiducia) non hanno alcuna intenzione di aprire una crisi di governo perché i mercati non gliela perdonerebbero e il conto elettorale sarebbe pesante. Ma non c'è dubbio che l'appoggio del PdL da oggi cambierà natura. Dopo la fulminea e traumatica partenza sulle pensioni che tanti consensi gli ha portato in campo internazionale, Monti avrebbe voluto fare la stessa cosa sul mercato del lavoro discutendo con le parti sociali, ma poi arrivando al decreto legge. Temendo contraccolpi troppo forti sul Pd, Napolitano non glielo ha consentito e da allora il governo è entrato in una palude pericolosa. E' ragionevole pensare che il Pdl otterrà quella flessibilità in entrata per compensare le modeste modifiche all'articolo 18 che hanno tranquillizzato il Pd. Ma c'è da giurare che tutti i provvedimenti di natura economica che penalizzano il blocco sociale del centrodestra non avranno vita facile. Sarà compatibile questo atteggiamento con l'esplicita richiesta del Pd a Monti di stare più attento alle esigenze del centrosinistra visti i risultati elettorali? Il presidente del Consiglio potrà presentarsi all'estero con entrambe le maniche della giacca sdrucite per i troppi strappi da un lato e dall'altro, proprio oggi che Hollande fa saltare il direttorio franco-tedesco aprendo l'Europa all'Europa? Monti ha ragione quando ricorda ai partiti che la crisi è arrivata a questo punto per colpa loro, anche se ieri ha messo una pezza riconoscendo il lavoro (lodevole, ma insufficiente) del governo Berlusconi. Se vuole salvare la giacca, il presidente del Consiglio dovrà correre un passo più avanti dei suoi inseguitori senza lasciarsi logorare da trattative estenuanti che facciano rivivere l'incubo delle concertazioni perpetue. Ma al tempo stesso dovrà tener conto di basi sociali spesso contrapposte. Monti dovrà peraltro muoversi in un clima di turbolenze che non sempre riguardano il governo. Le elezioni hanno ucciso ogni tentativo di legge elettorale proporzionale. L'ipotesi più probabile è che si corregga la legge attuale, con interventi che lascino gli elettori liberi di scegliere almeno in parte gli eletti, con severi limiti di sbarramento e con premi di maggioranza che scattino solo dopo una certa soglia. Ancora bipolarismo, dunque. Questo costringerà Casini - che ieri ha firmato il certificato di morte del terzo polo - a rivedere completamente i suoi piani. Forse il leader dell'Udc sarà più attento alla proposta di Alfano di lavorare insieme. E forse anche lui sarà meno appiattito sul governo perché il terzismo nobile non lo ha premiato. Si apre perciò una severa stagione di esami per tutti…
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